Scheda biografica di Massimo Emanuelli
Ascoltate lo special dedicato ad Enzo Jannaci e a Franco Califano
http://www.radiofree.it/specialiannaccicaliffo_112.html
Enzo Jannacci (Milano, 3/6/1935): nato da un famiglia di origini pugliesi, il nonno Vincenzo era arrivato a Milano da Bari poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale, il padre Giuseppe era nato a Milano, dove aveva conosciuto la moglie, di famiglia lombarda. Conseguita la maturità classica all’Istituto Moreschi nel 1954, qui aveva iniziato ad organizzare spettacoli con il compagno di studio Giorgio Gaberscik. Nel 1955 Jannacci approda nell’avanspettacolo e nei primi cabaret mettendo in evidenza le sue doti di intrattenitore. Nel 1956 diventa tastierista dei Rocky Mountains, che si esibiscono alla Taverna Mexico, all’Aretusa e al Santa Tecla, il tempio del jazz milanese, accompagnano dapprima Tony Dallara, poi Adriano Celentano. Il 18 maggio 1957 Enzo suona nei Rocky Boys, con Gaber e Celentano, al primo festival del rock italiano tenutosi al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Fra il 1958 e il 1960 da vita con Gaber al gruppo e I Due Corsari, realizzando i seguenti dischi: Non occupatemi il telefono/Come facette mammeta (flexy disc allegato alla rivista Il Musichiere), 24 ore/Stella, Birra/Perché non con me, Corsari scozzesi/Una fiaba, Tintarella di luna/Zitto prego, Teddy girl/Dormi piccino, Una fetta di limone/Il cane e la stella. Si tratta di brani ironici, nonsense rockeggianti, raccolti nell’album Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, poi ristampato nella seria Orizzonte con il titolo Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Nel 1961 Jannacci esordisce con i 45 giri L’ombrello di mio fratello/Passaggio a livello e Il cane con i capelli/Ghero ghero (distribuito con un’antesignana e bizzarra operazione di marketing, abbinato ad un grande cane di pelouche con i capelli). Nel 1962 Jannacci è fra gli interpreti di uno spettacolo al Teatro Gerolamo, dove fa un recital tutto suo curato da Dario Fo che permette al suo personaggio stralunato di definirsi e di emergere. Il nome di Fo ricorre come autore di buona parte dei pezzi con i quali Jannacci si fa conoscere ed apprezzare, da L’Armando a Vengo anch’io no tu. Sempre al Gerolamo Jannacci è fra i protagonisti di Milan Milanon ritratto della città attraverso un repertorio di poesie e canzoni, con Tino Carraro e Milly, dallo spettacolo verranno tratti gli album Milly Milano canta e e Passaggiando per Milano. Nel 1963 accompagna in tour Sergio Endrigo, si esibisce poi al Derby Club di Milano, nel 1964 escono La Milano di Enzo Jannacci (1964), Enzo Jannacci in teatro (1964), e il 45 giri El purtava i scarp del tennis, destinato a diventare un classico. Nello stesso anno esordisce anche al cinema in La vita agra, diretto da Carlo Lizzani, dal romanzo omonimo Bianciardi, Enzo canta L’ombrello di mio fratello in un locale dove finisce il protagonista interpretato da Ugo Tognazzi. Pubblica poi altri 45 giri: L’Armando/La forza dell’amore, T’hò comprà i calzett de desa/Andava a Rogoredo, e un ep con L’Armando, Andava a Rogoredo, El purtava i scarp del tennis, La forza dell’amore, Ti te se no, Senza de ti, quindi torna al Gerolamo di Milano e all’Odeon con il recital 22 canzoni, presentando alcune canzoni di Dario Fo come Aveva un taxi nero e Il foruncolo. All’inizio del 1965 esce il long playin La Milano di Enzo Jannacci, cui seguono i 45 giri Sfiorisci bel fiore/Non è vero e Veronica/Soldato Nencini. Nel 1966 escono altri 45 giri il più famoso è Faceva il palo, e l’album Sei minuti all’alba. I protagonisti delle canzoni di Jannacci sono gli emarginati con le loro sofferenze e i loro problemi, personaggi strampalati che guardano le cose con ironia. Nel 1967 la canzone Vengo anch’io no tu noscala la classifica dei singoli giungendo al secondo posto, seguono gli album Le canzoni di Jannacci (1968), Vengo anch’io no tu (1969). Dopo avere avuto un diverbio con la Rai, che a Canzonissima pone il veto su Ho visto un re, preferendogli dapprima Vengo anch’io no tu e poi Gli Zingari, Jannacci decide di prendersi una pausa di riflessione musicale. Dopo essersi laureato in medicina all’Università Statale di Milano si specializza in cardiochirurgia presso la clinica di Christian Barnard in Sudafrica. Cambia etichetta discografica, passa con la Rca, e pubblica gli album Messico e Nuvole (1970), La mia gente (1970), Enzo Jannacci (1972), Enzo Jannacci (1974), Jannacci è anche l’autore delle canzoni di Cochi e Renato che in quel periodo spopolano, con Beppe Viola pubblica il romanzo L’incomputer, sempre con Beppe Viola sceneggia il film Romanzo Popolare diretto da Mario Monicelli. Incide per l’etichetta alternativa L’Ultima Spiaggia e presenta un album di svolta Quelli che… (1975), oltre all’omonima canzone (un cult, da ispirare Fabio Fazio,per Quelli che il calcio…) sono da segnalare Vincenzina e la fabbrica e Il bonzo, versione del brano scritto da lui per Cochi e Renato. Sempre per l’Ultima Spiaggia pubblica: O vivere o ridere (1976), Secondo te… che gusto c’è (1977), Fotoricordo (1979). Negli anni ’80 Jannacci è attivissimo non perdendo di vista la sua antica passione per la goliardia che mischia ironia, denuncia politica e demenzialità: Nuove registrazioni 1980 (1980), Ci vuole orecchio (1981), E allora… concerto (1981), Discogreve (1983), Ja-Ga Brothers (1984 con Giorgio Gaber), L’importante (1985), Parlare con i limoni (1987), Se me lo dicevi prima (1989), Trent’anni senza andare fuori tempo (live, 1989). Dal 7 al 9 aprile 1989 al Castello Sforzesco di Milano Jannacci festeggia i suoi primi trent’anni di carriera con tre serate ricche di ospiti: l’amico Giorgio Gaber, Mia Martini, Eros Ramazzotti, Enrico Ruggeri, Massimo Boldi, Tullio De Piscopo, Gino Paoli, Lucio Dalla, Dario Fo, Cochi e Renato. Per la prima volta compare in pubblico il figlio Paolo, che accompagna il padre al pianoforte in Quella cosa in Lombardia. Gli anni ’90 sono ancora di grande successo per Jannacci: nel 1991 ritorna al Festival di Sanremo (c’era già stato nel 1989 con Se me lo dicevi prima) presentando La fotografia, brano con il quale vince il Premio della critica, cui segue l’album Guarda la fotografia. Nella stagione 1991/1992 Jannacci è in teatro con Gaber e Andreasi con Aspettando Godot di Samul Beckett. Il 14 febbraio 1994 inaugura con una serata ad inviti il locale milanese Bolgia Umana, bar ristorante a due passi da piazza Cordusio, che offre serate, spettacoli e una scuola di cabaret. Nel 1994 torna a Sanremo, stavolta in coppia con Paolo Rossi, presentando la provocatoria I soliti accordi,sempre con Paolo Rossi e Piero Chiambretti, interviene alla trasmissione televisiva Il laureato. Dopo tre anni di silenzio (intervallati dai camei nel film Figurine e nei film-tv Ritornare a volare e Un giorno fortunato), nel 1998 torna a Sanremo con il brano Quando un musicista ride (con cui vince il Premio della Critica per il miglior testo) brano che farà da traino all’album omonimo, in cui interpreta il meglio del suo repertorio arrangiato con il figlio Paolo, più tre brani inediti, compreso un duetto con Dario Fo, che pochi mesi prima ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura. Grande successo per Jannacci anche nel nuovo millennio: nel 2000 scrive la colonna sonora di Nebbia in Val Padana, per Cochi e Renato, compone il brano Luna rossa, dedicato all’equipaggio che appassiona gli italiani durante le notti delle regate di Coppa America. Nel 2001 esce il cd Come gli aereoplani, con in copertina il padre Giuseppe in divisa da maresciallo da aviazione, prodotto ed arrangiato dal figlio Paolo. Alla fine del 2002 Vincenzo Jannacci medico si congeda dai suoi pazienti, va in pensione. L’1 gennaio 2003, proprio in occasione del suo primo giorno da pensionato, muore a Montemagno, in provincia di Lucca, il suo amico Giorgio Gaber, Jannacci fa sapere che lui, la moglie Giuliana e il figlio Paolo, “intendono affrontare in silenzio la perdita del fraterno amico Giorgio, vivendo l’umana necessità di lasciare un tempo al dolore, a cui aggiunge, immediata, l’angoscia per il vuoto culturale lasciato dalla sua scomparsa”. Il 3 gennaio 2003 al funerale di Gaber Jannacci partecipa riuscendo soltanto a dire: “ho perso un fratello”, nel febbraio 2003 Jannacci partecipa allo speciale Maurizio Costanzo Show intitolato Pensando a Giorgio Gaber. Nel marzo 2003 esce il venticinquesimo album di Jannacci intitolato L’uomo a metà, composto da tredici brani, in cui trovano spazio anche momenti di riflessione politica e sociale: Lungometraggio parla del conflitto fra Israele e Palestina, di divertimento (Il pesciolone, descrive la tipica vacanza al mare degli italiani) e una cover di Arrivederci di Umberto Bindi “un omaggio dedicato a tutti gli amici che se ne sono già andati: Giorgio Gaber, Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco, Piero Ciampi”. Nel maggio 2003 Jannacci propone con il premio Nobel Dario Fo il libro Vengo anch’io no tu, la sua canzone più famosa diventa un libro per bambini.
Pochi artisti sono riusciti, come Jannacci, a mantenere un legame così forte con i gusti del pubblico giovanile più cosciente, forse perché non ha mai smesso di osservare con affetto il mondo dei marginali. Nel 2004 esce Enzo Jannacci 3/6/2005, track-list contenete 16 grandi successi, nel 2006 esce la raccolta The best 2006, doppio album con 35 brani della sua quarantennale carriera con una nuova versione di Bartali in duetto con Paolo Conte. Il 21 novembre 2008 esce The best. Concerto vita miracoli. Fra il 2010 e il 2011 compare nello show televisivo di Canale5 Zelig, il 19 dicembre 2011 Fabio Fazio conduce uno special di Che tempo che fa a lui dedicato, intervengono Dario Fo, Ornella Vanoni, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Massimo Boldi, Antonio Albansese, J-Ax, Irene Grandi, Jannacci compare alla fine dell’evento cantando due canzoni.
Enzo Jannacci muore il 29 marzo 2013, alla clinica Columbus, dove era ricoverato da alcuni giorni, nella sua Milano, stroncato da un tumore.
ENZO JANNACCI: PRIMO DVD IN 50 ANNI DI CARRIERA
IL DOTTORE IN SCENA
di Gigi Vesigna
Il famoso “cantachirurgo” oggi è in pensione, ma ancora in gran forma. Vederlo in azione sul palcoscenico è sempre un vero spettacolo. E adesso con lui c’è il figlio Paolo…
«Papà, sono stufo di fare il figlio di Enzo Jannacci…». Così Paolo, il figlio del “cantachirurgo” milanese, ha affrontato il padre, con il quale ha suonato da quando ha imparato a muoversi tra le note. Trentasei anni, jazzista affermato, ha tagliato il cordone ombelicale che lo legava al celebre papà, ma a una condizione…
«Ti va per la toa strada», gli ha detto in milanese papà, «ma prima di tagliare la corda te fet insem a mi il primo Dvd della mia carriera». «Obbedisco», ha risposto Paolo, ed è nata la prima esperienza visiva di un concerto di Enzo, in occasione dei suoi cinquant’anni di carriera. Ed eccolo qui il “reperto”, che si intitola Enzo Jannacci The best Dvd – concerto – vita – miracoli. Il menù è assai gustoso: vedere Enzo in scena è qualcosa che non assomiglia per niente alla consueta liturgia dei concerti.
Ogni tanto, persino tuo figlio ride. E quando canti lo guardi con amore infinito. Si vede che tra voi c’è stima…
«Per forza. Oltretutto, sono ancora scioccato perché mi ha fatto diventare nonno da sei mesi. Lei si chiama Allegra e in casa, anche se non è mai mancata, adesso l’allegria è assicurata».
Tu facevi parte dei Rocky Mountains, un gruppo che aveva come voce solista Tony Dallara. Poi, lui è andato via ed è entrato Giorgio Gaber…
«Sì, però io lì ero un precario, facevo il jolly quando mancava qualcuno».
Poi, con Giorgio hai formato I due corsari. E avete anticipato di un bel po’ quello che sarebbe diventato il fenomeno dei Blues Brothers…
«Io e Giorgio eravamo una forza, amici, fratelli, una simbiosi perfetta. Quando se n’è andato, quel maledetto 1° gennaio del 2003, sono uscito di casa la sera e ho girato per Milano tutta la notte. Avevo perso una parte di me».
Milanese, nato il 3 giugno 1935, Vincenzo Jannacci ha tante storie da raccontare, che forse solo un libro scritto da un altro amico che se n’è andato, il giornalista Beppe Viola, coautore di Quelli che…, saprebbe mettere in bella. Ascoltarlo è affascinante. Parla di quando ha mollato la musica ed è andato in America a specializzarsi come medico.
«Avevo scelto il pronto soccorso, perché c’era più possibilità di fare esperienza, ma un giorno il primario mi manda in camera di rianimazione. Ci vado e ci rimango per un bel po’. Un’esperienza traumatica. Ricordando quelle persone, vive solo in apparenza, ma vive, oggi non avrei il coraggio di staccare quella spina che li fa restare tra noi».
Poi, l’esperienza preziosissima in Sudafrica con Christiaan Barnard, l’autore del primo trapianto di cuore. E di nuovo a casa, a operare, migliaia di interventi. E ancora, per distrarsi, la musica, messa in disparte per un bel po’.
Sei in pensione: ti senti pensionato?
«Neanche un po’: la carrozzeria è un po’ ammaccata, ma il motore ha 25 anni. E ancora oggi ci sono i vecchi pazienti che mi telefonano per un consiglio, e così, quando posso, vado a trovarli».
Quello che il dottor Jannacci non dice è che le sue “visite” sono gratuite e quando, al momento dei saluti, gli dicono “Arrivederci”, lui ribatte: «Speriamo di no!». Un’altra abitudine che non ha perso è quella di insegnare come si scrive una canzone: lo fa alla fondazione della Scuola civica di Milano. Enzo abita all’Ortica, quartiere di periferia che gli ha ispirato la memorabile Faceva il palo nella banda dell’Ortica. Poi, ci sono Vengo anch’io, El purtava i scarp del tennis che racconta che proprio per quelle scarpe un clochard veniva arrestato, perché considerato un “barbone”.
Oggi le scarpe da tennis sono uno status symbol, anche tu le indossi… È cambiato il mondo?
«I bulli, quando andavo a scuola io, c’erano già, ma erano più folcloristici che pericolosi, mi prendevano in giro per via degli occhiali, così appena ho potuto ho imparato il karate. Certo, essere giovani oggi può diventare un problema, ma l’educazione, il senso civile e la solidarietà contano. Questo disagio sarà anche colpa della società, ma deve essere tenuto d’occhio, prima dalla famiglia e poi dalla scuola. Facile a dirsi, ma senza una famiglia vera non si va da nessuna parte!».
GLI AMICI DI UNA MILANO CHE NON C’È PIÙ
Il primo Dvd di Enzo Jannacci si può considerare un evento, perché lì, su quel palcoscenico, c’è, anche se non si vede, la Milano di ieri. E ci sono gli amici di sempre, da Giorgio Gaber a Cochi e Renato, da Dario Fo a Bruno Lauzi e Fabrizio De André, col quale Enzo ha collaborato alla stesura di Via del campo.
Una Milano che non c’è più, ma che non si può dimenticare; dal mitico Derby, il locale di viale Monte Bianco, la Taverna Messico di San Giovanni Sul Muro, il Santa Tecla e l’Aretusa, dove suonavano i grandi jazzisti, Gerry Mulligan, Stan Getz, Franco Cerrì, e si ballava il boogie quando ancora il rock non era arrivato. Formidabili quegli anni: tra i tanti c’erano, in panchina, ma già predestinati a un futuro da campioni, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Enzino Iacchetti. E cantava e suonava il sassofono un certo Gigi May, soprannome (poi ripudiato) di Luigi Tenco. Loro quella Milano l’hanno saputa raccontare tutta, nel bene e nel male.