Pierpaolo Pasolini

PASOLININegli anni ’50 il settimanale TV SORRISI E CANZONI sottopone ad un processo popolare il cantante Claudio Villa.  Villa si era fatto soprannominare “il Reuccio della canzone” e aveva dichiarato: “giunto alle più alte sfere della popolarità, ho provato a piegarmi dall’alto del piedistallo su cui mi hanno fatto assidere, per guardarmi attorno e scendere tra voi…”  Nel marzo 1957 il popolare settimanale sottopone il cantante ad un processo fra i lettori: colpevole o innocente?   Il clamore è tale che un deputato, l’onorevole Spampanato, che evidentemente non aveva altro a cui pensare, rivolge sull’argomento un’interrogazione delle Poste e Telecomunicazioni.  Nella vicenda interviene anche Pier Paolo Pasolini che scrive a TV SORRISI E CANZONI: “Mi piace il repertorio delle canzoni melodiche di Claudio Villa, il pubblico che ama questo stile popolare è verace. Approvo che Villa PIER PAOLO PASOLINIscriva, musichi e interpreti le sue canzoni. Lui la fa nel suo piccolo come Charlot ha fatto nel suo grande. In quanto agli atteggiamenti da bullo, la presunzione e gli atteggiamenti d’insufficienza che gli si imputano al capo di accusa numero 2, io trovo che nella sua qualità di cantante-attore e di personaggio dello spettacolo tali atteggiamenti gli si addicano, perché fanno, appunto, spettacolo. Disapprovo invece che Claudio Villa sia dia a interpretazioni del genere urlato, anche perché io credo nella canzone come mezzo vivace d’espressione e penso che il genere urlato non sia genuino. Vorrei che Claudio Villa fosse assolto, perché i cantanti mi sono simpatici e amo le canzoni.  Solo mi piacerebbe che, come mezzo di espressione, fossero portate a un livello più interessante” (1).

Pier Paolo Pasolini, come tutti gli intellettuali del periodo, diffidava della televisione (2). Nella sua SFIDA AI DIRIGENTI DELLA TELEVISIONE lanciata nel settembre del 1973 dalle pagine del CORRIERE DELLA SERA, Pasolini esprimeva tutto il suo fervore antimodernista contro la cultura e la civiltà di massa.  Colpendo la televisione gli intellettuali volevano colpire i modelli del capitalismo consumistico, il mito del profitto, i simboli di una società in evoluzione.  Come ha scritto Franco Monteleone “per gli intellettuali, soprattutto per quelli schierati e ingaggiati nella sinistra socialcomunsita, la televisione minacciava l’egemonia di un magistero esercitato in quasi tutti i settori tradizionali della cultura. Gli intellettuali saranno gli ultimi a capire cosa stava accadendo:; la resistenza al cambiamento era il segno di un timore di perdere uno status che i primi anni di democrazia, nonostante tutto, avevano garantito. Il mezzo televisivo, considerato un nuovo livello ideologico di degradazione della cultura borghese, mette in crisi le vecchie forme sociali del lavoro culturale e diventa la causa di una profonda spaccatura, tutta così praticamente italiana, fra chi avrebbe dovuto, per mestiere e militanza intellettuale, divenire l’interprete della modernità, rivelandosi però incapace di esserlo, e chi, pur provenendo da un’area considerata ideologicamente conservatrice, come quella cattolica, dimostrerà al contrario di saper comprendere, soprattutto nel lavoro organizzativo e nella distribuzione della nuova offerta del prodotto televisivo, quale imponente processo si era messo in moto nel campo della diffusione di massa delle idee e della cultura. Pier Paolo Pasolini si sarebbe interrogato sulle trasformazioni di un mondo che aveva visto la scomparsa delle lucciole. Sempre nella sua SFIDA AI DIRIGENTI DELLA TELEVISIONE Pasolini scriveva: “… nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le vere culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata.  I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compita. Si può dunque affermare che la “tolleranza” dell’ideologia edonistica, voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressione della storia umana. Come si è potuta, esercitare tale repressione?  Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema delle informazioni…  Per mezzo della televisione il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto i suoi modelli che sono modelli voluti da una nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neolaico, certamente dimentico di ogni valore edonistico e certamente estraneo alle scienze umane…  Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme creatrice di benessere, o, meglio, di salvezza dalla miseria. Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo?…  Il ragazzo piccolo-borghese nell’adeguarsi al modello “televisivo” che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale, diviene stranamente rozza e infelice…  La responsabilità della televisione in tutto questo è enorme. Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo in cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore dei messaggi. E’ il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. E’ attraverso lo spirito della televisione che si manifesta lo spirito del nuovo potere.  Non vi è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e regressiva come nessun mezzo di informazione al mondo. Un giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere…  Il nuovo fascismo attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione) non solo l’ha sconfitta, ma l’ha lacerata, velata, buttata per sempre”(3).  Pasolini scriveva tutto ciò quando si era ancora in regime di monopolio. L’anno successivo alla morte di Pasolini la famosa sentenza della Corte Costituzionale romperà il monopolio, chissà cosa avrebbe scritto Pasolini sulle televisioni locali che facevano (e fanno) informazione sul territorio, ma che, in alcuni casi, degenerano nelle televendite.  E oggi cosa scriverebbe Pasolini?  Forse rimpiangerebbe quella televisione didattica e pedagogica di Bernabei, al cospetto di molta tv di oggi: spazzatura, trash, diseducativa, la tv del dove “chi urla ha ragione”.  Pasolini avrebbe forse nostalgia per il Maestro Alberto Manzi.

In un altro articolo, PAESE SENZA LIBERTA’, Pasolini propone di “abolire immediatamente la televisione” poiché stata la televisione che ha “praticamente concluso l’età della pietà e ha iniziato l’era dell’edonè”.    Per Pasolini, in conclusione, la televisione era uno strumento borghese che avrebbe cancellato la civiltà contadina.

Pasolini intervenne in televisione nell’ambito di alcune interviste di Tv7, ecco i testi di alcuni suoi interventi:

 “Il tipo di persone che amo di gran lunga di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto nemmeno la quarta elementare, cioè le persone assolutamente semplice. Non ci metto della retorica in questa mia affermazione. Lo dico perché la cultura piccolo-borghese, almeno nella mia nazione, ma anche in Francia e in Spagna, è qualcuno che porta sempre a delle corruzioni, a delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i primi anni delle elementari ha sempre una certa grazia, che poi va perduta attraverso la cultura attraverso la cultura…  Poi si ritrova un altissimo grado di cultura, ma la cultura media è sempre corruttrice…  Io credo nel progresso, non credo nello sviluppo e nella fattispecie in questo sviluppo. Ed è questo sviluppo che da semmai una svolta tremendamente triste, quasi tragica”.

Pier Paolo Pasolini su CAROSELLO: “il Vaticano non ha capito che cosa doveva e che cosa non doveva censurare. Doveva censurare per esempio Carosello perché… Carosello è onnipresente che esplode in tutto il suo nitore, la sua assolutezza, la sua perentorietà, il nuovo tipo di vita che gli italiani devono vivere”.

Ecco cosa dichiarava Pasolini in un’intervista televisiva ad Andrea De Carlo del 1968:

“Ho abbandonato in parte la letteratura, ho abbandonato in parte il romanzo, non la poesia, per dedicarmi quasi esclusivamente al cinema. Questo è accaduto negli anni ’60 e non senza ragione:  gli anni ’60 sono gli anni di una profonda crisi della cultura italiana. L’Italia stava passando da una fase di paleocapitalismo verso una formula di neocapitalismo. Questo ha implicato la crisi e tutte le ideologie esistenti allora in Italia, e soprattutto dell’ideologia marxista e del suo impegno. L’ultimo mio film è UCCELLACCI UCCELLINI in cui in maniera anedottica e simbolica racconto la crisi dell’ideologia e dell’impegno degli anni ’50 e l’avvento di un nuovo orizzonte ideologico . Per il futuro chi vivrà vedrà”

 NOTE

1)     M.Emanuelli CINQUANT’ANNI DI STORIA ITALIANA ATTRAVERSO LA TELEVISIONE E LA STAMPA SETTIMANALE, Greco & Greco, 2004

2)     Sui rapporti fra intellettuali e tv vedere il libro di Stefano Zecchi L’UOMO CHE GUARDA. Mondadori, 2005

3)     Gli articoli di Pier Paolo Pasolini apparsi sul CORRIERE DELLA SERA sono raccolti nel volume SCRITTI CORSARI, Garzanti.

PASOLINI REGISTA CINEMATOGRAFICO

FILM TRATTI DALLE OPERE DI PIER PAOLO PASOLINI

Una vita violenta (1962) di Paolo Heusch e Brunello Rondi. Con: Franco Citti, Serena Vergano, Alfredo Leggi, Enrico Maria Salerno, Angelo Maria Santiamantini   Tratto dall’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini.

FILM PER LA REGIA DI PIER PAOLO PASOLINI

 

ACCATTONE (1961)

MAMMA ROMA (1962)

RO.GO.PAC (episodio LA RICOTTA, 1963)

LA RABBIA (1963)

COMIZI D’AMORE (1964)

IL VANGELO SECONDO MATTEO (1964)

UCCELLACCI UCCELLINI (1966)

EDIPO RE (1967)

LE STREGHE (episodio LA TERRA VISTA DALLA LUNA, 1967)

CAPRICCIO ALL’ITALIANA (1968)

TEOREMA (1968)

AMORE E RABBIA (episodio LA SEQUENZA DEL FIORE DI CARTA, 1969)

MEDEA (1969)

PORCILE (1969)

IL DECAMERON (1971)

I RACCONTI DI CANTERBURY (1972)

APPUNTI PER UN’ORESTIADE AFRICANA (1973)

IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE (1974)

SALO’ O LE 120 GIORNATE DI SODOMA (1975)

 

 

FILM SU PIERPAOLO PASOLINI

 

PASOLINI UN DELITTO ITALIANO di Marco Tullio Giordana (1995)

PASOLINI di Abel Ferrara (2014)

 

VI ODIO, CARI STUDENTI (1968)

di Pier Paolo Pasolini

Avete facce di figli di papà.

Vi odio come odio i vostri papà.

Buona razza non mente.

Avete lo stesso occhio cattivo.

Siete pavidi, incerti, disperati.

Benissimo! Ma sapete anche come essere.

Prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati:

prerogative piccolo borghesi, cari.

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte

coi poliziotti,

io simpatizzavo coi poliziotti.

Perché i poliziotti sono figli di poveri,.

Vengono da subtopie contadine o urbane che siano.

Quanto a me, conosco assai bene,

il loro modo di essere stati bambini e ragazzi.

Le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,

a causa della miseria,

che non da autorità.

La madre incallita come un facchino,

e tenera, per qualche malattia,

come un uccellino,

i tanti fratelli;

la casupola,

fra gli orti con la salvia rossa (i terreni altrui, lottizzati).

I bassi sulle cloache e gli appartamenti nei grandi

caseggiati popolari ecc. ecc.

E poi guardateli come li vestono: come pagliacci,

con quella stoffa ruvide che puzza di rancio,

fureria e popolo.

Peggio di tutto, naturalmente,

è lo stato psicologico in cui sono ridotti (per una quarantina di mille lire al mese): senza più sorriso,

senza più amicizia col mondo,

separati,

esclusi (un tipo di esclusione che non ha uguali)

umiliati dalla perdita della qualità di uomini,

per quella di poliziotti

(essere odiati fa odiare).

Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.

Io so, io so i nomi dei responsabili della strage di Milano nel 12 dicembre 1969.

Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Bologna dei primi mesi del 1974

Io so i nomi di coloro che fra una messa e l’altra hanno dato le disposizioni ed assicurato la protezione politica a vecchi generali, a giovani neofascisti,

e infine a criminali comuni,

Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti, attentanti alle istituzioni e stragi,

di cui si sono resi colpevoli,

io so ma non ho le prove.

PIER PAOLO PASOLINI da IL CORRIERE DELLA SERA 14/11/1974

La notte fra l’1 e il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini moriva assassinato.

DAL DISCORSO DI ALBERTO MORAVIA

AI FUNERALI DI PIER PAOLO PASOLINI

“In questi ultimi giorni sono stato continuamente ossessionato dalle immagini della morte di Pier Paolo Pasolini, non soltanto per la crudeltà, l’atrocità di questa morte, ma perché non mi riusciva di rintracciarne il senso, il significato. Noi abbiamo perduto ciò che alcuni chiamano il diverso ma che io chiamo il simile, abbiamo perduto il diverso e il simile. Ma in che senso abbiamo perduto un diverso?amo perduto un diverso,  Abbiamo perduto un uomo coraggioso, molto più coraggioso di tanti suoi concittadini  e coetanei. Quest’uomo coraggioso era diverso, la sua diversità consisteva nel coraggio di dire la verità, o quella che lui credeva la verità, e quando si crede di avere la verità c’è qualche cosa che ce la fa dire, soprattutto se si è una persona come Pasolini, di elevatissima intelligenza e di sentire molto molti riguardoso verso il reale. Abbiamo perduto dunque un testimone, un testimone diverso, perché diverso, ancora?  Perché in un certo modo egli cercava di provocare delle reazioni attive e benefiche nel corpo inerte della società italiana, egli era diverso in quanto era appunto disinteressato. Poi abbiamo perduto anche il simile.  Cosa intendo per simile? Intendo che egli ha fatto delle cose, le ha allineate nella nostra cultura, era fra i nostri maggiori scrittori, fra i nostri maggiori registi. In questo era simile, cioè era un elemento prezioso di qualsiasi società, qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini fra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono soltanto tre o quattro in un secolo. Quando sarà finito questo secolo Pasolini sarà fra i pochissimi che conteranno come poeta, l’Italia ha perduto un uomo prezioso che era nel fiore degli anni.  Ora io dico: questa immagine che mi perseguita di Pasolini che fugge a piedi, è inseguito da qualche cosa che non ha volto, e che è quello che l’ha ucciso, è l’immagine emblematica di questo paese, cioè è un’immagine che deve spingerci a migliorare questo paese come Pasolini stesso avrebbe voluto”.

Altri video inerenti Pier Paolo Pasolini:

BLU NOTTE MISTERI ITALIANI di Carlo Lucarelli

DODICI DICEMBRE da un’idea di Pier Paolo Pasolini (filmato prodotto da Lotta Continua, mandato in onda nel dicembre 1999 da Rai3 in occasione del ventennale della strage di Piazza Fontana).

PIERPAOLO PASOLINI

DOMENICO MODUGNO E PIERPAOLO PASOLINI SUL SET DEL FILM COSA SONO LE NUVOLE?

UNA STORIA SBAGLIATA

(Fabrizio De Andrè – Massimo Bubola)

E’ una storia da dimenticare
e’ una storia da non raccontare
e’ una storia un po’ complicata
e’ una storia sbagliata.

Comincio’ con la luna sul posto
e fini’ con un fiume d’inchiostro
e’ una storia un poco scontata
e’ una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos’altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E’ una storia di periferia
e’ una storia da una botta e via
e’ una storia sconclusionata
una storia sbagliata.

Una spiaggia ai piedi del letto
stazione Termini ai piedi del cuore
una notte un po’ concitata
una notte sbagliata.

Notte diversa per gente normale
notte comune per gente speciale
cos’altro ti serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E’ una storia vestita di nero
e’ una storia da basso impero
e’ una storia mica male insabbiata
e’ una storia sbagliata.

E’ una storia da carabinieri
e’ una storia per parrucchieri
e’ una storia un po’ sputtanata
o e’ una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos’altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

Per il segno che c’e’ rimasto
non ripeterci quanto ti spiace
non ci chiedere piu’ come e’ andata
tanto lo sai che e’ una storia sbagliata
tanto lo sai che e’ una storia sbagliata.

A Pa’
di Francesco De Gregori

Non mi ricordo se c’era la luna
E né che occhi aveva il ragazzo
Ma mi ricordo quel sapore in gola
E l’odore del mare come uno schiaffo

A Pa’

C’era Roma così lontana
E c’era Roma così vicina
E c’era quella luce che ti chiama
Come una stella mattutina

A Pa’
A Pa’
Tutto passa, il resto va

E voglio vivere come il giglio nei campi
Come gli uccelli del cielo campare
E voglio vivere come i gigli dei campi
E sopra i gigli dei campi volare .

NOTE: Pa’ sta per Pasolini (in dialetto romano).

 

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