LA CHICCA: 30 SETTEMBRE 1980 I 30 ANNI DI RENATO ZERO FILMATO GIRATO IN SUPER 8 DA ROBERTO TINTORI
E IL COMPLEANNO DI RENATO ZERO A LIDO DI CAMAIORE GIRATO DA TINTORI NEL 1980 IN SUPER 8.
SI INTITOLA PRESENTE IL NUOVO ABUM DI RENATO ZERO
IL CORAGGIO DI NONNO RENATO
di Gigi Vesigna
Un Cd autoprodotto, in cui il cantautore “risponde all’appello” della vita e si racconta. I sogni, i desideri, i pensieri, e le due nipotine avute dal figlio adottivo.
Pantaloni scozzesi rossoverde, un giubbotto nero, la solita capigliatura morbida, un po’ più corta, sempre corvina: questo è il Renato Zero che mi trovo davanti all’improvviso, poiché sono andato a sentire il suo nuovo disco che esce dopo circa quattro anni di assenza, ma proprio non mi aspettavo di incontrare lui. «Visto che ci siamo», mi propone, «lo ascoltiamo insieme». Ma dopo un po’ di note Renato interviene, racconta, si entusiasma. Presente è il titolo di questa nuova avventura, che arriva dopo inspiegabili silenzi.
Come mai ci hai messo tanto prima di tornare al tuo pubblico?
“Mi sono reso conto che le multinazionali, il “sistema”, stanno rovinando la musica. Senza nemmeno interpellarti pubblicano e ripubblicano il tuo repertorio, magari allegato a un giornale. Così ho deciso di mettermi in proprio, arrivando persino a curare la promozione e la distribuzione. Se sbaglio, almeno so con chi prendermela. Mi sembra di esser stato coraggioso e generoso, perché in questo disco ci sono ben 17 nuove canzoni, quando di solito un Cd di inediti ne propone 10, 12 al massimo. E ho preteso che il prezzo fosse quello di un normale album».
Dopo qualche brano viene spontanea una domanda: stai raccontando te stesso, i passaggi della tua vita, prima esageratamente a colori, ora normale, ma genialmente?
«Sì, anche per motivi anagrafici ho sentito forte il bisogno di far chiarezza su quello che sono stato e su quello che, invece, sono oggi: un cittadino che si guarda intorno e si rende conto, per esempio, di come la scuola, oggi più che mai, non prepari al Paese reale perché là fuori la vita è molto dura!».
Così, centellinando musica e ascoltando lo Zero-pensiero, mi rendo conto di quanto sia maturato il Renato che conobbi più di quarant’anni fa, all’inizio di una carriera che non ha avuto pause.
Spieghi così il titolo Presente?
«Sì, voglio rispondere all’appello della vita, alla politica delle parole, ai problemi di chi non ha lavoro perché l’ha perso o di chi, una volta lasciati i libri, deve lottare per trovarlo».
Renato Fiacchini, nasce a Roma il 30 settembre 1950; suo padre Domenico fa il poliziotto, la madre Ada è infermiera: vivono nella borgata della Montagnola e Renato, già adolescente, provoca con i suoi bizzarri abbigliamenti i giovani del quartiere e non solo quelli.
«I poliziotti, colleghi di mio padre, ogni tanto mi caricavano su una camionetta e mi portano al commissariato di Campo Marzio e solo dopo avermi “identificato” mi lasciavano andare. E mio padre non faceva nulla perché quella persecuzione finisse. È andata avanti per un bel po’, poi mi hanno lasciato in pace. Tra l’altro ero nato nel centro di Roma e ora sono tornato a casa perché abito vicino a piazza di Spagna».
Renato non parla volentieri del suo privato, ma non ha mai nascosto di aver adottato il suo assistente Roberto Anselmi, che lavorava con lui da 12 anni. «Roberto», ammette Renato, «è per me quello che Massimiliano è per Mina». Ora Roberto ha 36 anni, si è sposato ed è diventato padre di due bimbe, Virginia, nata nel 2005, e Ada nel 2007. Così “nonno” Renato è riuscito a formare una famiglia che sente davvero sua e gronda tenerezza quando è alle prese con le nipotine.
Nella lunga lista di ringraziamenti a coloro che ti hanno aiutato in questa avventura concludi con «e ancora grazie a Dio per non essersi mai dimenticato di me». Nella vita sei un cattolico praticante?
«A modo mio: vado in chiesa quando non c’è nessuno, mi inginocchio e prego, è una questione di concentrazione. Non saprei fare altrimenti».
Chiacchierando il disco s’è fermato, ma lui ogni tanto mi ha fornito chiavi di lettura che, riascoltandolo a casa, mi hanno fatto capire quanto questo sia, per l’importanza dei suoi testi, un disco “da leggere” e un bel messaggio ai più piccini per la filastrocca, Dormono tutti, che andrà ad aggiungersi al repertorio delle mamme che ancora cantano la ninnananna ai loro bimbi.
«NON SIAMO STANCHI DI IMMAGINARE»
È bello poter dire: Presente!. Scandirlo. Farlo arrivare agli scettici. A qualche stanco condominio di questo sempre meno accattivante “stabile”. Perché “presente” fa rumore, irrita. Accende la curiosità e stimola alla lotta e pure alla riscossa!
Il mio primo “Presente” fu debole e cagionevole, tant’è che si vide costretto a ricorrere a un po’ di belletto per ottenere una certa considerazione. Ma oggi… Sono qui senz’alibi, perché forse non ne ho mai avuto bisogno. È stata la “voglia” a muovermi, a farmi diventare coraggioso e tenace. Quella voglia che mi ha permesso di mostrarvi il mio amore in tutta la sua chiacchierata trasversalità. Eccoci ancora noi.
Quelli che hanno voglia di spartirsi un’emozione alla faccia del tempo che passa e non ha il coraggio di intonarsi. Perché forse lui stesso ha paura d’invecchiare e quindi di non riuscire a impressionarci più. Entrate in questa mia nuova casa. Sono 17 stanze ben arredate. Esposte a mezzogiorno. A Sud di un mare di speranza e a Est di una montagna di programmi da sviluppare. Abbiamo sempre fatto così. Non ci siamo fermati. Qualcuno dirà che abbiamo immaginato tutto. Che furono solo sogni. E meno male che ce li siamo potuti permettere. Oggi i sogni costano e spesso sono “falsi d’autore”.
Che abbiamo giocato è vero. Immaginandoci un mondo che non avremmo mai potuto vivere. Ma una cosa è certa: non solo non siamo stanchi di immaginare… ma abbiamo ancora quella sfrontatezza di gridare a piena voce: PRESENTE!!!!
Renato
RENATISSIMO, TRIPLO CD CON 43 CANZONI CON CUI IL CANTAUTORE SI AUTOCELEBRA
UNO ZERO PERFETTO
di Gigi Vesigna
Il libretto è ricco di fotografie e suggestioni, e presenta molti degli sfarzosi costumi usati da Renato. Nell’album ci sono quarant’anni di carriera. Più tre brani inediti.
Non ci sono alternative: se chi legge è un ammiratore di Renato Zero, un “sorcino”, le 43 canzoni del cofanetto-strenna intitolato Renatissimo! le conosce di sicuro, ma l’oggetto è talmente pregevole che non può mancare nella discoteca di uno “zerofolle”, anche perché ci sono tante fotografie dei costumi che Renato ha indossato in anni di palcoscenico, e poi ci sono tre canzoni nuove, Sono innocente, Fammi sognare almeno tu e un’eccezionale versione di Più su, mai pubblicata sino a oggi, oltre a due versioni estese di Morire qui e Mi vendo, realizzate per un disco vinile mai uscito.
Se invece qualcuno conosce poco o per niente Renato, allora questa è l’occasione giusta per capire un successo che non ha mai avuto fasi di stanca
Renato, hai vestito il tuo “monumento” con lo stesso sfarzo con cui ti inventavi gli abiti di scena. È come maneggiare un libro che contiene immagini e pensieri dei migliori anni della tua vita, in cui la prima canzone e l’ultima, inedite, fanno da prefazione e da indice a una carriera di provocazione, genialità, comprensione…
«Avevo in mente qualcosa del genere, e adesso che tu me lo descrivi come lo vedi mi rendo conto che sono riuscito a realizzare quel che avevo in mente».
Perché il prologo è Sono innocente?
«È una specie di rinascita dalle mie esagerazioni, dai miei entusiasmi spesso fraintesi. Ribadisco il concetto che bisogna assolversi comunque, colpevoli o innocenti. Le canzoni che seguono sono come un bagno rigeneratore, ma rilette con rigore. Man mano che passano gli anni si pensa di essere meno autosufficienti, e più ci si allontana dal bambino che ognuno ha dentro di sé, più bisogna guardarsi attorno e capire che il mondo non è il paradiso».
Come mai, a 40 anni dal tuo primo disco, hai deciso di autocelebrarti?
«La decisione di presentarmi così è stata non sofferta, ma combattuta, più che altro ho voluto mettere a conoscenza quelli che mi seguono dalla mia gavetta, che come tu sai bene è stata dura. Ancora oggi mi chiedo come ce l’ho fatta a evadere da via Ripetta, testimone della mia comparsa sul Pianeta, e mi ricordo come in un sogno sfuocato le serate al Piper, il locale che era una specie di zoo dove venivano Fellini e Arbore, Boncompagni e Don Lurio, tutta gente che mi ha aiutato… Come te, del resto».
Era il 1970 e Renato viveva a Milano in una pensioncina di porta Romana, in una stanzetta che divideva con Loredana Berté: con Teo Teocoli e Mita Medici, allora già popolari, furono scelti per partecipare alla versione italiana del musical Hair. Soldi pochi e allora, a mezzogiorno o giù di lì, Loredana e Renato arrivavano al mio giornale dove c’era un bar che forniva cappuccino e cornetti. Loro portavano allegria e un’esperienza bohémien autentica, e la sera, tutte le sere, via al Manzoni di Milano per vedere e rivedere un Hair sgangherato ma ruspante.
Romano, classe 1950, Renato Fiacchini ha sempre raccontato che aveva scelto il nome d’arte di Renato Zero perché lo zero era il nulla o la perfezione. Ma oggi la pensa ancora allo stesso modo?
«Posso aggiungere che avevo scelto lo zero per ripicca contro il mondo, perché questo numero non esiste, ma è alla base di tutto, e poi è rotondo e quindi non ha inizio e non ha fine, come la luna, il sole, l’embrione, l’infinito. Zero come sfida, come entità ricorrente».
Una curiosità: quanti sono i costumi che hai indossato sul palcoscenico in questi anni? Li conservi tutti?
«Quelli delle tournée sono circa duecento, poi ce ne sono un centinaio che ho indossato in televisione. Certo che li conservo tutti, sono custoditi come gioielli e chissà che un giorno o l’altro non mi decida a farne una mostra».
Un tempo cantavi Viva la Rai: lo rifaresti ancora, adesso?
«Perché no? In Renatissimo c’è, però, la frase che proprio la Rai mi aveva voluto censurare, che era questa: “Paghiamo quindi questo abbonamento per mantenerli in salute e in sentimento, perché oramai questo cervello avrà un padrone, lo sai? Viva la Rai”».
Non abbiamo ancora affrontato la canzone di chiusura del tuo album, Fammi sognare almeno tu…
«La chiave di tutto sta in quei versi che dicono: “Mi metto in gioco, ch’io vinca o perda conta poco, pareggi non ne voglio più”».
D’accordo, Renato, anzi Renatissimo! Ma lasciaci rubare una frase che hai scritto nell’album.
È quella in cui dici così: «Prima di voltare pagina ho creduto opportuno accendere il mio personale jukebox per affrontare l’esame di maturità. Verificando se quei brividi sono ancora attuali. Se è stato davvero un tempo fertile. E se effettivamente questa traversata ci ha resi migliori, godetevi il vostro entusiasmo di cui queste modeste opere trasudano. Magari rideteci un po’ su. Ma ricordate una cosa importante, con me non siete mai stati spettatori ma protagonisti… Il vostro… Renatissimo!!!».
Renato Zero (Roma, 30/9/1950): proveniente dalla periferia romana della “Montagnola”, fin dalla fine degli anni ’60 si appassiona alla canzone e allo spettacolo attraverso le frequentazioni del Piper Club di Roma, e le partecipazioni come figurante del pubblico televisivo, è fra i “collettoni” di Rita Pavone. Entra quindi a far parte del cast musicale della versione italiana del musical Hair e di Orfeo 9, lavora con Ronnie Jones, Teo Teocoli e Loredana Bertè, esperienze fondamentali per cominciare a costruire quell’idea di spettacolo che mette insieme coreografie, balletti, cabaret, musica e, soprattutto, il personaggio nuovo che ha in testa. Dopo essere comparso nei film di Federico Fellini Satyricon e Roma, si da alla canzone e sceglie il nome d’arte di Renato Zero “per ripicca verso il mondo. Perché questo numero non è un bel niente, non esiste, ma senza di lui non puoi fare i calcoli, e poi perché è rotondo, perché vuol dire tutto quello che vuoi, perché fin da bambino mi sono sentito ripetere che ero uno zero, una nullità”. Renato Zero inizia a giocare sul tema dell’ambiguità sessuale, interpretando a teatro proprie composizioni all’interno di spettacoli in cui faceva ampio uso di trucchi e abiti da donna. Nel 1973 esce il suo primo lp No mamma no!, sulla cui copertina Zero compare completamente truccato da donna, icona non solo degli appassionati di Rocky Horror Picture Show e dei gay, ma anche di molti giovani che trovano nelle parole, nella musica e nelle immagini che Zero proietta, una via d’evasione da una quotidianità spesso grigia e desolante. Il secondo album Invenzioni (1974) riscuote maggiore successo, ma è con Trapezio (1976) e con Zerofobia (1977), che esplode il “fenomeno Zero”, in breve tempo canzoni come Mi vendo, Il cielo, Il triangolo, diventano gli inni di una generazione di adolescenti che lo seguono ovunque faccia un concerto. Zerolandia (1978), Erozero (1979), Tregua (1980), Icaro (doppio live del 1981), sono gli album di questo periodo, che lo vede anche spopolare con il 45 giri Più in su (1981), sono gli anni della definitiva affermazione dell’artista che chiama i suoi fan “sorcini”. Gli anni ’80 lo vedono ancora protagonista: Artide e Antartide (1982), Via Tagliamento 1965/1970 (1982), Calore (q disc del 1983), il 45 giri Spiagge (1983), e ancora gli album: Leoni si nasce (1984), Identikid Zero (1984), Soggetti smarriti (1986), Zero (1987), Vojeur (1989), Oro, incenso e birra (1989). Nel 1991 partecipa al Festival di Sanremo con Spalle al muro, brano scritta da Mariella Nava, con cui giunge al terzo posto, ma che spopola nelle classifiche dei dischi più venduti. Gli anni ’90 segnano il passaggio verso una nuova carriera segnata da un atteggiamento più pacato che abbandona i comportamenti provocatori ed esibizionistici della prima fase. Si impegna in favore degli spazi per la musica emergente, e in un ambizioso progetto per una città della musica, Fonopoli. Gli albun di tale periodo sono: Prometeo live (live 1991), La coscienza di zero (1992), Quando non sei più nessuno (1993), Passaporto per Fonopoli (mini disc 1993), Ave Maria (1993, titolo del brano presentato al Festival di Sanremo), Quando non sei più nessuno (1994), L’imperfetto (1994), Sulle tracce dell’imperfetto (1995), Le origini (raccolta del 1996), Zero ’70 (raccolta del 1997), Amore dopo amore (1998), Amore dopo amore tour dopo tour (1998). Nel 1998 si esibisce in un mitico duetto con Raffaella Carrà a Carramba, nel 1999 realizza un tour accompagnato dai massimi esponenti della danza (fra cui vi è Carla Fracci) e del funambolismo circense. Nel 2000 esce Tutti gli zeri del mondo, titolo anche del programma che segna il suo rientro in tv, nel 2001 esce il cd La curva dell’angelo, album multiplatino. I successi del 2003 sono la hit napoletana Tu si na cosa grande e Non cancellate il mio mondo, nell’ottobre 2003 esce Cattura, che contiene fra gli altri Figlio, dedicata al figlio adottivo, e L’altra sponda, brano nel quale incita i gay a fare outing.
Per il 2006 è prevista l’uscita di un nuovo cd di Renato Zero.