In occasione dei funerali di Paolo Pillitteri, il Sindaco Giuseppe Sala ha proclamato il lutto cittadino per l’intera giornata, in segno di cordoglio e partecipazione della comunità milanese, e ha disposto l’esposizione della bandiera civica a mezz’asta nelle sedi comunali.
Conoscevo Paolo Pillitteri da oltre quarant’anni, come ho sempre detto e scritto è stato il sindaco della mia adolescenza, il primo, unitamente a Gigi Vesigna, a far nascere in me la grande passione per la storia dello spettacolo, per un brevissimo periodo fui anch’io, allora giovane docente e giornalista, prestato alla politica, brevissimo in quanto ero e sono allergico a compromessi e alla politica stessa e poi perché arrviò presto l’annus horribilis 1992 e in quelli successivi sappiamo cosa accadde. Con Paolo Pillitteri ho sempre mantenuto, anche nei difficili momenti successivi un rapporto di amicizia. A differenza di tanti ex socialisti (ma perché usare un eufemismo, li definirei opportunisti-carrieristi) che si riciclarono in tutti i partiti (che di socialista non avevano e non hanno alcunché) Paolo Pillitteri preferì tornare al suo lavoro di giornalista, critico cinematografico e regista., restando come semplice militante di un Partito Socialista ormai ridotto a percentuali irrisorie.
In questi giorni finalmente è emerso pubblicamente quanto io e pochi altri che conoscevamo bene Paolo abbiamo sempre detto: Pillitteri è stato un intellettuale un uomo di cultura, prestato alla politica. La sua vera passione era il cinema, prima che politico è stato cinefilo, docente di storia del cinema e dello spettacolo, regista, sceneggiatore, amico di attori, registi, cantanti, pittori, scultori, architetti, stilisti, intellettuali, letterati. Come ha scritto Maurizio Giannattasio sul Corriere della Sera: ““c’è tutta la sapienza di un abile sceneggiatore per far coincidere il giorno della propria morte con il giorno della propria nascita”.
Regista, critico cinematografico, realizzò il suo primo film Milano o cara, nel 1963 un documentario bianco e nero girato prevalentemente nei sobborghi della metropoli, ispirato da Luchino Visconti e Cesare Zavattini, dove si illustrava l’epopea dell’immigrazione dal sud al nord, quella delle valigie tenute con lo spago, fino a La Tesi docu-film del 2020 ideato e scritto con Ettore Pasculli. Inizialmente socialdemocratico si trovava a proprio agio con Giuseppe Saragat e con Pietro Germi (grande regista sottovalutato in vita ed ignorato in morte proprio perché socialdemocratico e non in linea con destra e sinistra…) iniziò come critico cinematografico de L’Avanti!. Gli anni giovanili furono all’insegna della marcia per la pace in quel di Londra, delle interviste a Truffaut e Fellini ai quali dava del tu, Soltanto post mortem viene ora presentato come intellettuale prestato alla politica da tutti e rivalutato come politico anche da molti suoi detrattori…
Certo arrivò la politica successivamente, assessore a Garbagnate Milanese, per farsi le ossa, nel frattempo aveva sposato Rosilde Craxi, pur militando nel Psdi, poi Psdi e Psi si unirono nel Psu, quando i due partiti si divisero nuovamente a differenza del cognato Bettino Craxi che rientrò, su consiglio di Pietro Nenni, nella “vecchia casa socialista”, Pillitteri tornò nel Psdi. Nel 1970 l’allora sindaco di Milano Aldo Aniasi volle però Pillitteri eletto consigliere nel Psdi assessore alla cultura, turismo, istruzione ed iniziative culturali, parchi e giardini., I pochi giornalisti preparati o con memoria hanno ricordato Christo che impacchetta la statua di Vittorio Emanuele in piazza del Duomo ed altre iniziative culturali a volte provocatorie per l’Italia del tempo. Nel 1975 rieletto consigliere comunale nelle fila del Psdi il suo voto (unitamente a quelli di Walter Armanini e Vito Fiorellini) che crearono il Muis, Movimento di Unità Socialista) per far si che Aldo Aniasi poté dare vita ad una giunta con i comunisti mandando in quel di Milano la Dc all’opposizione. Quindi fu consigliere regionale, deputato, dimessosi Carlo Tognoli, fu eletto sindaco di Milano e poco dopo, varò una giunta con il Pci, rimandando la Dc all’opposizione, contrariamente a quanto avveniva a livello nazionale. Il suo vicesindaco Luigi Corbani ha ricordato l’enorme lavoro culturale i rapporti con Giorgio Strehler, con i sovraintendenti del Teatro alla Scala e degli altri teatri milanesi, l’istituzione dell’ufficio cinema del Comune di Milano e del cinema De Amicis di proprietà del Comune di Milano, oltre al loro primo Sant’Ambrogio quando nella tradizionale cerimonia di consegna degli Ambrogini d’Oro, Pillitteri conferiva la massima onorificenza cittadina ad Agostino Viviani, un avvocato, socialista anarcoide, nonno di Ely Schlein.
Paolo Pillitteri proseguì quanto iniziato da Carlo Tognoli: la città si lasciò alle spalle gli anni bui del terrorismo, si riprese a vivere la sera, ripartì l’economia, la città da operaia si trasformò in capitale del terziario, il Times dedicò una copertina alla città di Milano, i grandi della terra venivano in città (ricordo il Dalai Lama, il principe Carlo, attuale Re d’Inghilterra, Ronald Regan, Michail Gorbaciov ecc.), era la Milano della moda, delle radio libere, delle televisioni private, la città visse il suo secondo boom economico. Poi c’erano si i “nani e le ballerine” i rampanti, che poi abbiamo trovato ahimè nelle istituzioni a fare danni in seconda Repubblica, ma che nella prima erano un fenomeno minoritario e non entravano nelle istituzioni pubbliche.
Pillitteri fece partire alcuni progetti quali il terzo anello dello stadio di San Siro, il passante ferroviario, l’Università Bicocca, poi vi erano Tecnocity, il Portello, Montecity, la linea 4 la linea 5 della metropolitana, progetti bloccati a causa di Tangentopoli e dopo anni di immobilismo portati avanti dai suoi successori. Del resto se un politico politicante (come purtroppo abbiamo avuto con la seconda Repubblica) pensa solo al proprio consenso elettorale, uno statista pensa anche ai lavori a lungo termine che saranno magari realizzati dai suoi successori: Paolo Pillitteri è stato così.
Poi arrivò il 1992: Tangentopoli, Mani pulite, con una falsa rivoluzione post fascisti e post comunisti, sconfitti dalla storia di impadronirono del potere, Bettino Craxi ad un certo punto parlò di suicidio di massa del partito, non solo i magistrati, i post fascisti e i post comunisti contribuirono alla fine del partito, ma anche da tanti socialisti (“suicidio di massa di un partito”) che abbandonarono il partito approdando ad altri lidi per fare carriera… Pillitteri resistette alle persecuzioni giudiziarie, a due infarti, un tumore, un intervento al centro cardiologico Monzino, cinque bypass, sette stent, Non perse però mai la voglia di reagire, non era capace di risentimenti, semmai (dotato di ironia ed autoironia) ironizzava sul “nuovo che avanzava”. Paolo Pillitteri a differenza di altri politici che passarono con disinvoltura dalla prima alla seconda Repubblica preferì tornare ai suoi primo amori: il giornalismo, il cinema, la cultura. Fu mio condirettore a L’Opinione delle Libertà “mica paglia, ma il primo giornale liberale d’Italia sul quale Cavour imparò a scrivere in italiano” diceva. Ricordo che un giorno in redazione ci venne in mente la frase di Rino Formica “assemblea di nani e ballerine” riferita all’assemblea nazionale del Psi, concordammo che quell’assemblea era solo un organo consultivo di partito, composto da Federico Fellini, Vittorio Gassmann, Sandra Milo, Umberto Veronesi Francesco Alberoni, Mario Soldati, Lucio Dalla e tante altre persone di elevata qualità culturale. Con la seconda Repubblica poi altri nani e ballerine (di bassa lega) sono finiti al governo nazionale e nei governi locali a fare danni e a distruggere quanto di buono era stato fatto dalla prima Repubblica. Persone alle quali in prima Repubblica non avrebbero potuto nemmeno pulire una sezione da quanto erano (e sono) incapaci. Nel gennaio 2000 i magistrati gli fecero un’ulteriore infamata vietandogli di partecipare ad Hammamet ai funerali di Bettino Craxi, lui rispose recandosi al cimitero Monumentale portando, con un gesto simbolico, un garofano sulla tomba di Filippo Turati
Dal 1999 in poi riprese a commentare come giornalista la politica, a scrivere libri, sceneggiature di film, ad ideare iniziative culturali. Amava Milano, si confrontava con tutti, anche con i suoi detrattori (alcuni a dire il vero gli chiesero scusa).
La Milano di fine 2024 è cambiata indubbiamente in peggio rispetto agli anni ’80, però seppur al rallentatore ha proseguito nel solco dell’esperienza socialista del XX secolo, con la sola parentesi del fascismo.
Proclamando il lutto cittadino viene riconosciuta la grandezza culturale e politica di Paolo Pillitteri. Voglio citare due commenti letti in rete (non sempre in rete si scrivono idiozie, a volte emergono verità scomode). “Se n’è andato anche Gian Paolo Pillitteri, detto Paolo, uomo a suo modo complesso cui la reductio ad cognatorum non rende certamente giustizia. Soprattutto vedendo i cognati successivi.”
“Purtroppo dispiace che ci lascino i socialisti coerenti, gli incoerenti, saliti sui carri vincitori hanno rinnegato la loro/nostra fede… sono a tantissimi… a loro non va il nostro ricordo. Tognoli, Pillitteri e tutti noi abbiamo sofferto per avere constatato che il fondatore di Forza Italia è stato abbandonato dai suoi, ma lui non era socialista, tant’è che il Grillo del vaffa ha sgridato Conte per avere preso meno voti da vivo che Berlusconi da morto…. Peccato che non è successo e non succede per i socialisti o socialdemocratici…”



Al centro Paolo Pilltteri con Andy Wathol e Renato Massari.


