I RITRATTI MILANESI DI MASSIMO EMANUELLI:
WANDA OSIRIS, LA WANDISSIMA
da L’OPINIONE DELLE LIBERTA’ 2/11/2004
Anna Maria Menzio, così si chiamava per l’anagrafe, nacque a Roma il 3 giugno 1905, figlia di un palafreniere, primo battistrada di Umberto I, la sua carriera artistica fu però prevalentemente milanese. A Milano la Menzio era arrivata dopo la prima guerra mondiale, ed esordì nel 1923 al Teatro Eden come ballerina nella rivista Il vile pedone, cui segue Osvaldo mi fai morire, in cartellone figura come Jole Anna Menzio.
Da questo momento Milano diventerà la sua città, gli inizi sono modesti: erano tempi in cui le soubrettine venivano chiamate “donne di spolvero”, donne chic, eleganti, che stavano bene in scena, ma quasi soprammobili. Fa quindi parte delle compagnie di operetta di Enrico Dezan e della Fineschi-Donati, nel giro di pochi anni diventa la regina del varietà per la sontuosità della messa in scena, le coreografie strabilianti e i costumi sgargianti. Venne battezzata Wanda Osiris da un impresario che mescolò i nomi due divinità egiziane, Iside e Osiride, e dai suoi zigomi che aveva qualcosa di esotico. Negli anni ’30 è già popolarissima, persino Benito Mussolini – narrano le cronache del periodo – un giorno scese dalla carrozza per farle di persona i complimenti. Nel 1936-37 il suo primo grande spettacolo E se ti dice vai, tranquillo vai di Michele Galdieri, maestro di varietà di cui era stata allieva. Mussolini conquista l’Etiopia e finirà per perderla, la Osiris conquista il pubblico e non lo perderà più. Nella stagione 1937-38 è la volta di Ma adesso è un’altra musica sempre di Galdieri, cui segue, Aria di festa, dove perse la sua “s” ma apparve in una gabbia d’oro. Fu l’autarchia linguistica del fascismo che le tolse la “s” finale, divenendo così Vanda Osiri (a quei tempi Renato Rascel diventò Renato Rascelle). Fu il giornalista Orio Vergani, in un celebre articolo, ad affibbiarle il soprannome di “la Wandissima”, un appellativo che si adatta alla prima soubrette vera e propria della storia dello spettacolo italiano.
Nel 1938-39 è al fianco di Erminio Macario in Follie d’America, nella stessa stagione recita in 30 donne e un cameriere, nel 1940 è la volta di Carosello di donne e di Tutte donne.
Nel 1940 esordisce nel cinema in Non me lo dire per la regia di Mario Mattoli, con Macario, già suo partner in teatro, ma il cinema non sfrutterà mai appieno le sue doti. Nel 1941 recita ancora con in teatro Macario in Una sera di festa. La Wanda fu un insieme di rituali che colpirono il pubblico negli anni a cavallo della guerra, disposto a tutto pur di sognare a teatro con le creazioni degli “stilisti ante litteram” Folco e Boetti. Nel 1943 lascia Milano per Roma, si esibisce in Sognamo insieme del 1943 scopre un altro comico di razza, Carlo Dapporto, con cui interpreta, l’anno successivo, Che succede a Capo Cabana?, di Bracchi e D’Anzi, nel 1944 è la volta di La donna e il diavolo.
Nel dopoguerra è la volta di L’isola delle sirene di Bracchi e D’Anzi con Carlo Dapporto e di La donna in diavolo (1945).
Tornata a Milano dopo la Liberazione, è la vedette di Gran varietà con Carlo Dapporto, appare in spettacoli di beneficenza postbellica, nel 1946 debutta nei primi grandi spettacoli sfarzosi e di grande successo di Garinei e Giovannini, al fianco di Enrico Viarisio: Si stava meglio domani e Domenica è sempre domenica. Nel 1948 appare in uno spettacolo cult, al massimo dello sfarzo e dei costi: Al Grand’Hotel, di Garinei e Giovannini, con Dolores Palumbo, Giuseppe Torrelli, Vera Carmi e Gianni Augus, con il quale avrà una lunga relazione di vita e palcoscenico. In questo spettacolo appare cantando Sentimental, una canzone romantica destinata a diventare il suo inno, il suo stereotipo e anche la sua parodia (sarà imitata da Mabilia, alias Toni Barlocco dei Legnanesi). Nella stagione 1949-1950 è la volta di Sogni di una notte di questa estate sempre di Garinei e Giovannini, con Renato Rascel e Nicholas Brothers. Nel 1949 un nuovo, fugace, ritorno al cinema con I pompieri di Viggiù per la regia di Mario Mattoli, con Totò, Carlo Campanini, Silvana Pampanini, Ave Ninchi, Nino Taranto, Carlo Dapporto, Isa Barzizza, Mario Castellani, Ricky Denver, Carlo Croccolo. Altro film nel 1950: Botta e risposta per la regia di Mario Soldati, con Nino Taranto, Isa Barzizza, Fernandel, Carlo Dapporto, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Silvio Gigli e Renato Rascel.
Quelli della ricostruzione e del primo boom economico milanese ed italiano sono anche gli anni della Osiris (che ha ritrovato la “s”): il pubblico milanese la elegge “regina dei propri sogni di lusso hollywoodiano”, le sue prime al Teatro Lirico pareggiano, per mondanità, snobismo, costi produttivi e di botteghino, quelli della Scala e del Piccolo Teatro. E’ la sua indimenticabile stagione: la Wandissima appare in scena, dopo l’esibizione dei comici di turno, con il suo turbante scendendo le scale in tacchi alti, facendosi precedere dai suoi boys biondi, snelli e asessuati, e cantando Ti parlerò d’amor. E’ ormai la mitica regina del teatro di varietà italiano, equiparabile a personaggi come Mistinguette la Baker, la Dietrich, la Garbo.
Nella stagione 1950-51 si esibisce in Galanteria di Michele Galdieri, rivista che ha problemi con la censura per la satira politica, nel 1951-52 Il diavolo custode con Viarisio. Nel 1952-53 è la volta Gran baldoria, al fianco del Quartetto Cetra, di Turco, di Dorian Gray e del giovane comico di avanspettacolo Alberto Sordi, che sta girando per Federico Fellini I Vitelloni. Nel 1953 altro ritorno fugace al cinema per la Wandissima con Martin Toccaferro di Leonardo De Mitri.
Nel 1953-54 la Osiris riforma la storica ditta con Macario in Made in Italy, spettacolo in cui il comico chiede l’età e la soubrette e si sente rispondere: “sempre meno di te, caro”. Nella stagione 1954-55 debutta al Nuovo con Festival di Age, Scarpelli, Vergani e Marchesi, impresario Remigio Paone, per la regia di Luchino Visconti, con Henry Salvador e il quartetto comico Pandolfi-Lionello-Manfredi-Pisu. Nel 1955-56 è la volta de La granduchessa e i camerieri di Garinei e Giovannini, con Ernesto Bonino, il giovane “cumenda” Gino Bramieri e Diana Dei. Una sera, al Lirico, accadde l’impensabile: la Wanda scivola dalla passerella provocando, al di là di leggere contusioni che obbligheranno la compagnia a qualche giorno di riposo, titoloni sui giornali. E’ l’inizio del finale della sua carriera: non ci saranno più titoli leggendari.
Nella stagione 1956-57 si esibisce in OK Fortuna di Terzoli e Puntoni, con il trio Bramieri-Vianello-Durano, ma anche stavolta un incidente: un cornicione crolla sulle soubrettine, ma niente di grave. La stagione successiva è la volta de I fuoriserie, sempre con Bramieri-Vianello-Durano, ma la sfortuna è ancora una volta in agguato. Un incendio brucia i costumi e i materiali di scena del teatro Politeama, vi è allora una gara di solidarietà del mondo del teatro, dello spettacolo e dello sport in favore della sfortunata Wanda. Nella stagione 1958-59 Doppio rosa al sex di Grimaldi e Corbucci, con Lucio Flauto che la imita. Ma la Wandissima della leggenda non c’è più, la fine degli anni ’50, segna un cambiamento di gusti del pubblico. Sono arrivati Modugno e gli urlatori, da quattro anni è arrivata la televisione, i tempi sono cambiati, i teatri si svuotano, è il ritiro. La Wandissima ha la capacità di uscire di scena all’apice del successo, come Greta Garbo si ritira al momento giusto per entrare nella leggenda.
Quattro anni di silenzio poi riappare sulle scene nel 1962 nel film Nerone ’71 di Fillippo Walter Ratti, nel 1963 torna in teatro nella parte della suocera in Buonanotte Bettina con Walter Chiari e Alida Chelli. Destò scalpore quando, in occasione delle elezioni del presidente della Repubblica del 1962, un onorevole buontempone scrisse sulla scheda “Wanda Osiris”, non era ancora arrivato il periodo della politica-spettacolo, dei presidenti attori, e comunque la Osiris era una regina, non una presidentesse. Già negli anni ’60 era il simbolo di un glorioso passato, gli anni del beat e della contestazione non le appartenevano, la Osiris, la signora che credeva nei sorrisi, nella grazia dei gesti e nelle parole delle sue canzoni si era ritirata con discrezione. Il sipario era calato: non usava più lanciare rose profumate al pubblico, ed essere corteggiata da banditi e da regnanti. Non c’era più tempo per le favole, i divi erano stati sostituiti da “impiegati dello spettacolo”, un’epoca si era conclusa.
Nel 1973 la Osiris riappare nel film di Alberto Sordi Polvere di stelle, nel quale si raccontano le gesta di una scalcinata compagnia di capocomici in giro per l’Italia negli anni della guerra fra il 1943 e il 1945. Nel 1974 il ritorno in teatro chiamata da Aldo Trionfo in Nerone è morto? di Hubay, nel 1977 appare a sorpresa nell’originale televisivo di Fabio Pitorru I superspia per la regia di Eros Macchi.
Nella sua strepitosa carriera di soubrette la “Wandissima” si è esibita con Totò (con il quale ha cantato Cherie), Erminio Macario, Carlo Dapporto, Alberto Sordi, Enrico Viarisio, Nino Taranto, Nino Manfredi, Gianni Agus, Walter Chiari, Renato Rascel, Alberto Sordi, Tino Buazzelli, Raffaele Pisu, Gino Bramieri, Alberto Lionello, Giustino Durano.
Wanda Osiris è stata un’icona assoluta nel mondo dello spettacolo e dell’avanspettacolo, restano leggendarie le sue discese dalla scale, costernata dai suoi boys. “Le scala non furono un incubo – disse una volta – le scendevo con tranquillità, occhi negli occhi al pubblico, nonostante i tacchi e le crinoline”. La sua eleganza, il buon gusto, l’andatura evanescente, mandarono in delirio le folle. Trionfali le sue entrate in scena: i suoi fan misuravano col cronometro la durata dell’applauso (il record furono i dieci minuti di Made in Italy). Rimangono nella memoria collettiva il suo turbante, il cappello ossigenato, la cipria color ocra di cui si cospargeva tutto il corpo alla ricerca dell’effetto esotico, il rituale delle rose Baccarat senza spine e profumate di auberge (rigorosamente a sue spese, non sul budget della compagnia: “il teatro fu per me un magnifico deficit”) pronte da distribuire ai fortunati spettatori delle prime file durante la passerella di inizio, o, eventualmente, sugli animali di scena che Garinei e Giovannini volevano come portafortuna. Wanda arrivava ruotando su un enorme disco come nei musical americani, sbucando da una gabbia d’oro, dondolando su un cammello, uscendo da una maxi aba-jour, addobbata come Caterina di Russia. Le scale non erano semplici scale, erano anche riproduzioni famose, Monmartre o Trinità dei Monti. Eccessiva nei gesti, misurati sui riflettori del palcoscenico, la Osiris, pur non avendo specifiche qualità artistiche, non eccellendo nel ballo e nel canto, possedeva il carisma innato della luce del varietà, fino a diventare, come suggeriva il nome, una Dea dispensatrice di fortuna al pubblico. Le sue canzoni rimangono proverbiali: Ti parlerò d’amore, A Capo Cabana (“la donna è regina, la donna è sovrana”), Femmina, Io sogno il nido rosa, Notturno, Cherie, Le gocce cadono ma che fa (“se ci bagniamo un po’” refrein brillante cantato e ballato con Macario e Rizzo), Ti porterò fortuna, Siamo quelli dello sci, Tutto amore, In due si sogna meglio, Personalità. Da ricordare il suo rituale di superstizioni: mai il colore viola, mai uccelli, neppure di stoffa. Ammirata da intellettuali e da industriali, nel suo camerino arrivavano fiori, gioielli, e, una sera, addirittura un assegno in bianco, che lei restituì al mittente. Una vita al neon sempre rimpianta, quando raccontava che la rivista era stata uccisa dagli alti costi e dai mutati gusti del pubblico.
La Osiris passava autunno e inverno nella bellissima casa di Via Verri, a due passi da quel teatro Nuovo che aveva visto quasi sempre partire i suoi successi. Sul finire degli anni ’70, lavorando in quella zona, la vedevo talvolta uscire di casa, con il suo cagnolino che portava a spasso. Qualche passante anziano la riconosceva e lei si fermava e salutava. Ogni tanto si recava al Santa Lucia, il classico ritrovo del dopo spettacolo, era già un’anziana signora, ma nel portamento era sempre “la Wandissima”. L’estate andava in vacanza ad Alassio, il “mare dei milanesi”. Negli anni ’80 si era riappacificata con Milano, aveva ritrovato il silenzio e la serietà meditativa di certi anni di guerra: bui, ma, per lei, chiarissimi.
Poco prima di morire la Osiris era stata intervistata da Piero Chiambretti per Rai3, la Wandissima aveva ricordato i bei tempi, accudita dalla figlia Cicci, morì a Milano l’11 novembre 1994.
Quest’estate, in occasione dei dieci anni della sua scomparsa, Wanda Osiris è stata ricordata nell’ambito del premio Ischia, quando si farà qualcosa per ricordarla a Milano?