Massimo Emanuelli
BETTINO ADIEU MONSIEUR LE PRESIDENT
LA BIOGRAFIA E IL TESTAMENTO POLITICO DI BETTINO CRAXI
Edizioni Greco & Greco, Milano, 2000
Dal libro di Massimo Emanuelli e da un colloquio di Augusto Minzolini con Bettino Craxi
MA IN QUESTI ANNI, PER NON FARSI DIMENTICARE, BETTINO HA USATO L’UNICA ERMA CHE GLI RIMANEVA: LA MALATTIA. HA ACCAREZZATO L’IDEA DELLA PROPRIA MORTE: “HO SOLO DUE STRADE: O MI BATTO O CREPO”
Era uno dei soliti colloqui rubati al ristorante dopo un lungo appostamento, questa volta in una pizzeria in cui lui era di casa, da Fiammetta, a due passi dalla sua casa romana, l’Hotel Raphael. Probabilmente una delle ultime conversazioni una delle ultime conversazioni che ho avuto con lui in Italia, dato che Bettino Craxi già si sentiva braccato. A un certo punto seccato dall’atteggiamento di Francesco Forte – un socialista che lui aveva fatto ministro – che entrando non lo aveva degnato nemmeno di uno sguardo, il vecchio leone se ne uscì con una frasi delle sue che oggi, alla notizia della sua morte, non può non tornare in mente. “Parlano come se fossi morto… meno male che hanno fatto i buchi nella bara e continuo ancora a respirare. Debbo dire che mi trovo nella singolare e privilegiata condizione di chi, essendo ancora perfettamente vivo, può leggere i suoi epitaffi e scritti in memoria.” Probabilmente questi sette anni che lui chiamava di esilio e altri invece definivano di latitanza, Craxi deve averli vissuti con la sensazione di chi è defunto e sepolto pur essendo perfettamente vivo di chi ha assistito giorno per giorno, non una, ma tante volte, alla propria morte. Per uno come lui, che aveva da sempre mangiato pane e politica, che si era trovato al centro dei riflettori, che aveva girato il mondo per incontrare i grandi della Terra, che aveva sfidato gli Usa a Sigonella, ritrovarsi per anni ai margini del deserto tunisino deve essere stato un supplizi, una lunga tortura.
“Io se sto fermo per tre giorni – ripeteva sempre – impazzisco. E invece sto li, dove ci sono gli sciacalli, i serpenti e qualche volpe. Mancano invece i conigli, quelli sono solo in Italia”
Eppure, a pensarci bene, legato com’era al suo personaggio, Craxi non poteva che fare questa uscita di scena tragica ma epica per lui. Forse, in fondo in fondo, l’ha pure desiderata, cercata. ambita. Si può vedere un Arnaldo Forlani scontare la sua condanna ai servizi sociali, un Giulio Andreotti subire la via Crucis di un processo durato sette anni, altri personaggi, i più, passare dalla prima alla seconda Repubblica mimetizzandosi, ma non Craxi. Non sarebbe stato nel suo stile, se avesse accettato un simile epilogo avrebbe ripudiato sé stesso.
“Sto male – ripeteva negli ultimi mesi al telefono – ma più sto male e più la testa mi diventa lucida: ho di fronte solo due strade: o mi batto o crepo.”.
E alla fine le due cose sono diventate una sola. Un combattente come lui, un ex potente ridotto all’impotenza, ha usato l’unica arma per farsi sentire, per non farsi dimenticare: la malattia. Come i disperati che per un bisogno o per un ideale mettono a repentaglio la propria vita e minacciano il suicidio, Bettino ha paventato, quasi accarezzato, l’idea della propria morte. Mi ricordo l’ultima volta che l’ho incontrato ad Hammamet per un’intervista. Nella giornata che abbiamo trascorso insieme la sua malattia era sempre presente, si materializzava in ogni momento. E lui, a differenza, non nascondeva più le liturgie del diabete, quel suo limite. Anzi. Ricordo ancora la scena della siringa con l’insulina che gli veniva portata su un piatto d’argento. Lui con i gesti sicuri di chi convive da anni con quel male, si faceva l’iniezione da solo con la stessa naturalezza con cui poteva prendere un caffè. Oppure il modo con cui ostentava il piede con le dita recise, quel vulnus che aveva sempre tenuto coperto in passato. “Vuoi sapere come passo la mia giornata? – mi ha chiesto – Debbo fare sei ore al giorno di fleboclisi. Altroché le ironie di Di Pietro. Questa è la mia vita. Adesso dovrei tornare in ospedale, ma non se ci andrò. Tante volte penso di togliermi la vita, ma poi penso che sarebbe un gesto di viltà.”
Alla fine il destino ha deciso per lui. Del resto lo aveva sempre detto: “O torno in Italia da uomo libero, o non torno per niente”. E’ stato di parola. Per alcuni sarà solo un delinquente che è scappato ed è morto lontano. Per altri, pochi o molti che siano, un mezzo eroe. Un secondo Garibaldi, per assecondare le sue fissazioni. Lo deciderà la storia, l’unico tribunale che il personaggio avrebbe accettato. Forse è la fine che Craxi ha sempre voluto. E magari avrebbe voluto annunciare lui stesso il suo funerale con una frase che aveva già bella e pronta e che ripeteva per scherzo al telefono: “Il Presidente Craxi è partito, se ne è andato nel deserto con una carovana…”
Silvio Berlusconi è un fesso che si circonda di incapaci (Bettino Craxi)
“I giudici non hanno colpito tutti, hanno risparmiato i post comunisti e la sinistra Dc, eravamo tutti colpevoli, solo che alcuni colpevoli sono finiti sulla gogna, altri sono finiti sugli altari”
“Prodi e Berlusconi? Invece di fare il processo alla prima Repubblica, dove c’erano anche loro, in posti secondari perchè li si riteneva non capaci, si preoccupino di far funzionare bene l’Italia di oggi. Non ne sono in grado, porteranno l’Italia sull’orlo di una crisi senza precedenti nella storia” (Bettino Craxi)
E’ MORTO BETTINO CRAXI.I POST COMUNISTI, POST FASCISTI (E NON SOLO, ANCHE ALTRI CAMALEONTI) RICICLATISI NELLA SECONDA REPUBBLICA ) LO VOLEVANO MORTO, ED E’ MORTO (Massimo Emanuelli)