Cesare Musatti

LA CURIOSITA’ DI CESARE MUSATTI

di Massimo Emanuelli
L’OPINIONE DELLA DOMENICA 21/7/2002

ICESARE MUSATTIl padre psicanalisi italiana era nato a Dolo, in provincia di Venezia, il 20 settembre 1897, figlio di un avvocato socialista, consigliere comunale e primo deputato cittadino. Nel 1907 Musatti inizia a frequentare il Liceo Foscarini, nel 1915 si diploma, si iscrive successivamente all’Università di Padova dove si laurea in filosofia nel 1921. Professore di liceo, vince giovanissimo un concorso e diventa titolare della cattedra di psicologia dell’Università di Padova. Allorquando entrano in vigore le leggi razziali Musatti, che ha già tradotto Freud in italiano e pubblicato parecchi libri, viene allontanato dall’università e ridotto al rango di professore di liceo. Musatti si batte allora perché la cattedra gli venga assegnata in una grande città e arriva così a Milano. “Dopotutto – disse – ho insistito, sono professore universitario: credo di avere diritto ad insegnare in un centro dove non debba sentirmi, oltre che declassato, anche confinato.” A Musatti viene assegnata una cattedra di filosofia al Liceo Parini, e così il grande psicanalista arrivò nella nostra città. “Fu dura, molto dura. Innanzitutto perché Milano non è la città che si conquista in un attimo”, il professor Musatti raccontò di avere passato un anno intero a salutare sistematicamente, e invano, il tabaccaio dove comprava regolarmente le sigarette, prima di ricevere risposta: “Al primo buongiorno che il tabaccaio mi ha restituito ho avuto la sensazione di avere fatto il primo forellino per penetrare dentro questa città”. Un secondo aneddoto sul suo rapporto con Milano è stato fornito dallo stesso Musatti: “quando la mia vecchia, fragile, piccolissima mamma si sentì male bevendo un aperitivo al Biffi Scala, cadde giù come un masso, ma nessuno fece niente per lei. Io la raccolsi, e con lei fra le braccia andai fino in via Santa Margherita, dove c’era una negozio di scarpe di conoscenti veneti, certi signori Pilon, dove speravo di rimediare una sedia. Durante quel tragitto, io non ho visto nessuno far caso ad un lungo e spaventato signore che portava in braccio una piccola, anziana e svenuta signora”. A Milano Musatti conobbe la tragedia dei bombardamenti, vide la sua scuola sfollarsi, gli rimasero due allievi. Nel 1943 sfolla ad Ivrea, chiamato da Adriano Olivetti per fondare un centro di psicologia del lavoro. Finita la guerra Musatti torna a Milano e riprende la carriera interrotta: diventa titolare della cattedra di psicologia all’Università Statale, ed è fra gli animatori culturali della città. Scienziato di fama mondiale, fa conoscere in Italia le opere di Nung, e la teoria della Gestalt, fino a quel momento ignota nel nostro paese. Incoraggiato dall’avvocato Carnelutti Musatti compie ricerche nel campo della psicologia giudiziaria. Musatti è molto attivo alla Casa della Cultura di Milano (di cui fu anche Presidente) e in altri circoli culturali cittadini, il Comune di Milano gli conferì la benemerenza civica nel 1962, di Milano fu anche consigliere comunale nelle fila del PSI, dal 1956 al 1960, e del PSIUP, dal 1967 al 1975. “E’ stata un’esperienza interessante ed imbarazzante – ebbe a dire – mi resi conto che, occuparsi del Comune di Milano, era un impegno molto gravoso. Ogni anno si trattava di lavorare su 3000 delibere: e chi aveva il tempo di leggerle tutte? Ricordo che mi appoggiavo ad un consigliere pensionato del partito comunista, molto diligente e prontissimo. Io mi perdevo facilmente. Come la volta che si trattò di deliberare sul problema dei bidoni della spazzatura. Si erano, intanto, discusse tante altre cose ed io, al momento della votazione, ho dovuto chiedergli: ma noi, siamo per i bidoni, o contro?”
Attivissimo anche negli anni ’70 e negli anni ’80, passati i 70 anni ebbe a dire: “macchè vecchiaia e vecchiaia. Questa parola mi fa uscire dai gangheri. La vecchiaia non esiste, è immaginazione, è finzione.” Della vecchiaia Musatti non voleva sentire parlare: “basta sentirsi giovane per sconfiggere la vecchiaia, altrimenti ti parcheggiano in un lager. E’ una violenza atroce.” Per questa ragione Musatti fu attivo fino all’ultimo dei suoi giorni, lucido e consapevole della malattia che lo andava consumando di giorno in giorno, si spense per una cristi cardiaca alle 17,30 del 20 marzo 1989 nella sua abitazione di Via Sabotino. Intorno al suo capezzale c’erano i figli, i nipoti e altri famigliari. Ricordo che presso l’abitazione di Via Sabotino, dove per anni aveva vissuto il professore, vi fu pellegrinaggio laico, un quartiere allora tranquillo, una via silenziosa, una casa senza portiere. Al quinto piano un appartamento di cui non si notavano gli arredi, quando Musatti era vivo, perché lui pareva riempirlo tutto e decorarlo, con la sua cordialità, così mi è stato raccontato. Ma il giorno della morte di Musatti quell’appartamento mi parve vuoto: conquel corpo nudo sotto il lenzuolo di lino, i lineamenti scavati in un’espressione sofferente che nessuno gli aveva conosciuto in vita. Povero Musatti. Sulla parete al capo del letto, nella stanza spoglia, tre contatti matrimoniali miniati, in ebraico, a testimoniare che per quel laico l’origine famigliare era una faccenda privata. C’era silenzio nella casa di via Sabotino, e una sorta di timore. Come non si potesse credere che il grande vecchio avesse veramente cessato di sorridere e di giudicare. Dai discorsi di chi lo aveva conosciuto da vicino trapelava che la grande forza di Musatti è forse sempre stata, più che intellettuale, centrata nella sua prepotente affettività.
Niente solenne esequie, la salma dell’uomo che seppe vivere pubblicamente la propria feconda vecchiaia venne sepolta, alla presenza dei famigliari, dopo la cremazione nell’inceneritore di Lambrate, nel cimitero di Brinzio, un piccolo paese in provincia di Varese, ove da anni riposava Carla, la sua seconda moglie e madre dei suoi figli. Per onorare uno dei personaggi che hanno fatto grande l’allora sindaco Paolo Pillitteri propose alla giunta e al consiglio comunale le esequie solenni. Il ruolo di Musatti in campo intellettuale fu quello del gran comunicatore, dell’uomo curioso, del suscitatore di interessi e della guida metodicamente semplice e chiara, e così fu, fino alla morte.

I RITRATTI MILANESI DI MASSIMO EMANUELLI

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