ALDO VALLERONI
Aldo Valleroni: “Ciao, stasera son qui… ma tu non sei qui con me!”.
Aldo Valleroni nasce a Massarosa il 15 aprile 1920 da modesta famiglia ultimo di cinque fratelli: Bruno, Raffaello, Elisa, Maria.
A soli 7 anni rimane orfano della mamma. Sulla sua spensierata gioventù scrive pagine ricche di sensibilità ne “I ragazzi del piazzale” senz’altro il suo più felice romanzo. Gioventù descritta anche in “Carosello massarosese”: “…Come sarebbe bello trovarci ancora uniti in quella vecchia casa sul Piazzale, dove siam tutti nati, e dove lei (Maria) mi fu sorella e mamma…”.
Il periodo bellico gli nasconde gli anni migliori. Conosce la Versilia dei neri liberatori e delle signorine, la vede crescere, diventare “mondana”, accogliere i cantanti più famosi del mondo. Lavora alla Fervet come amministrativo, nelle riunioni del dopolavoro ferroviario suona la tromba. Una Versilia uscita dal dopoguerra con le ossa rotte ma come per il resto dell’Italia con la voglia di dimenticare il disastro. La musica, i balli, in opposizione ai coprifuoco. In tanti alberghi e in tanti locali si suona e si balla fino a notte fonda. Gli americani sono ancora in zona. Il Jazz dilaga e le jam session pure, anche dopo lo spettacolo “regolare” e con protagonisti anche non professionisti. Muove i primi passi musicali come prima tromba dell’orchestra “S 13” con Renato e Giulio Salani, Sandro Ciotti al pianoforte, Piero Angela alla batteria, un successo.
La sua carriera polivalente inizia nell’immediato dopoguerra quando si affaccia al giornalismo. Scrive sulle pagine locali de “La Nazione” di cui diventa poi corrispondente da Viareggio. Ma intanto incalzano altre iniziative per esempio quella di inventare il Festival della canzone italiana che nasce a Viareggio per suo volere ma subito emigra a San Remo per l’ostinata miopia di quanti non ne comprendono l’importanza. La prima edizione alla Capannina del Marco Polo viene vinta proprio da Aldo con la canzone “Il topo di campagna”: “Non credettero all’iniziativa, e San Remo ci rubò l’idea. Ma il primo Festival l’abbiamo fatto noi. Noi di Viareggio”. Da un primo matrimonio ha due figli maschi. Uno oggi è assicuratore, l’altro muore purtroppo in tenera età sepolto da una pentola d’acqua bollente. Un tristissimo episodio che Aldo si porta dietro per tutto l’arco della sua vita visibile nei capelli bianchi dall’età di 30 anni. Dal giornale guadagna appena 25 mila lire al mese perché la stampa è ancora in un periodo pionieristico ma il crescente successo premia il suo amore per la professione e la sua pazienza fino all’assunzione come professionista. Nel 1947 Valleroni con l’editore musicale romano Silvio Da Rovere, all’impresario Sergio Bernardini e al direttore di Radio Firenze Aldo Angelini, fa nascere un Festival della canzone italiana che però sarà poco fortunata e sarà abbandonato due anni dopo, poco prima dell’exploit di Sanremo, per l’indifferenza degli enti locali. Come giornalista Valleroni continua a collaborare con la La Nazione e, a partire dalla seconda metà degli anni ’50, inizia a scrivere anche per La Notte, quotidiano milanese del pomeriggio diretto da Nino Nutrizio.
Nel 1958 Valleroni istituisce il Burlamacco d’Oro una kermesse canora nell’ambito del Carnevale viareggino, che proseguirà per 7 edizioni, fino al 1964, una rassegna senza classifiche, in cui il pubblico è chiamato a sancire con il gradimento espresso nei mesi successivi, dunque sulla scorte dei dati forniti dalla Siae, sui dischi più venduti e sulle esecuzioni, il pezzo migliore. Scopo della manifestazione è scoprire e sostenere cantanti in erba e giovani autori, come effettivamente accadrà per Nicola Arigliano ,Jimmy Fontana, Edoardo Vianello, Enrico Polito.
Negli anni Sessanta Valleroni è a capo della redazione di Viareggio e da allora non si contano le sue prestazioni giornalistiche caratterizzate da un eccezionale duttilità che gli permettono di scrivere con pari bravura e competenza di: politica, sport, cultura, mondanità e spettacolo. Con Carlo Alberto Di Grazia de “Il Tirreno” e Giovanni Angelici de “Il Giornale del Mattino” da vita ad una agenzia stampa locale, le tre redazioni della città chiudono i giornali tutti insieme, non c’è la rivalità fra le testate come c’è oggi. Con i soliti colleghi costituisce anche il Circolo della stampa e organizza veglioni di Carnevale. Fa il suo mestiere decantando la Versilia e amandola più dei propri figli.
Per lunghi anni è inviato speciale a descrivere figure e personaggi di ogni parte del mondo, a coniare interviste alcune delle quali celebri come quelle al Duca di Windsor, al maresciallo Montgomery, a Sinclair Lewis, a Malrlene Dietrich, al generale Patton tanto per citare qualche nome di prestigio. Una lunga, lunghissima carriera che lo porta a conoscere mezzo mondo ed a farsi conoscere sia come inviato per “La Nazione” sia come corrispondente per “La Stampa” e articolista dei più noti settimanali. E che pezzi, tutti da terza pagina che allora è veramente terza pagina.
Collabora a varie riviste con racconti e brevi saggi di costume. A numerosi settimanali tiene per lungo tempo rubriche fisse di attualità e di spettacolo oltre a servizi dall’estero sui personaggi più famosi della politica, della cultura, dell’arte. Sempre come scrittore alcune sue riviste ottengono simpatico successo mentre altre sono riprese per spettacoli che arricchiscono i repertori del cabaret e della televisione. Conoscente prima ed amico poi dei più grandi musicisti ed esecutori del jazz mondiale scrive profili su personaggi come Duke Ellington, Louis Amstrong, Lionel Hamptom, Benny Goodman, Count Basie, Stan Kenton, Dizzie Gillespie ed altri ripresi da molte riviste specializzate europee e per questo soggiorna a lungo negli Stati Uniti d’America riuscendo ad entrare nel favoloso mondo dei grandi esecutori che lo considerano amico. Per la sua specializzazione nel campo dello spettacolo e della musica leggera pubblica diversi volumi sulla musica, sui cantanti e sul jazz. Così Aldo telefona al direttore Mattei: “Ho visto delle cose incredibili qui: la Toscana in America. Ti mando dei pezzi”.
Dopo la tromba Aldo impara anche i segreti del pianoforte e della composizione e diventa apprezzatissimo autore di testi e di motivi legato alle Edizioni Leonardi di Milano. I suoi successi più noti e di maggiore eco sono: “Mi va di cantare” composizione jazz eseguita nel 1968 a San Remo da Louis Amstrong che gli vale la promozione a socio della Siae: “Ascolta questo motivo se ti piace, è la canzone che intendo mandare al festival di quest’anno, è’ mia; al mio amico Louis Amstrong è piaciuta subito e ha attraversato l’oceano per cantarla a Sanremo;oh, biscaro, è’ musica vera”.
“Bevo” insignita del “Burlamacco d’Oro” nella interpretazione di Jimmy Fontana; “Una rotonda sul mare” di Faleni eseguita da Fred Bongusto; “Donne e pistole” di Marini – Arrighini; “Serenata a Pierrot”, “Ci vedremo domani”, “La più bella del mondo” incisa da Marino Marini, “Piccola piccola”, “Assalto selvaggio”, “Invito al carnevale”, “Viaregginella”… e tante altre. Da ricordare anche l’instancabile attività carnevalesca: alcune canzoni ufficiali del Carnevale e molte canzonette dei carri. E sempre in clima musicale ecco le partecipazioni al festival di Napoli con motivi “doc” interpretati dalla star partenopea Angela Luce, al Festival di San Remo e al già ricordato “Burlamacco d’Oro” di Viareggio di cui è anche accanito “fan” e organizzatore. Musicista ed autore di canzoni vede le sue melodie incise in decine di nazioni e da centinaia di cantanti, eseguite da tutte le orchestre, portate al successo da nomi prestigiosi. Basterebbero fra tanti artisti i nomi del grande “Satchmo”, Perez Prado, Tony Bennet, Xavie Cugat – per limitarsi al campo straniero. Centinaia di canzoni incise e conosciute ovunque, concorsi internazionali vinti, affermazioni innumerevoli: “Vi siete innamorati con le mie canzoni” .
Scrive certo su La Nazione e sulle riviste di spettacolo ma allo stesso tempo è un suonatore di Jazz, uno scopritore di talenti, un organizzatore di serate. Quando Bernardini decide di aprire la Bussola ha bisogno di lui per consigliarsi, sono amicissimi, fra loro un rapporto autentico, intenso che non esclude delle baruffe paurose. Aldo non fa solo da addetto stampa alla Bussola dei tempi d’oro: riceve gli artisti, tiene contatti, è insomma la “coscienza” di Sergio. Il giorno in redazione, la sera, comunque spesso, per locali per dare una mano a Bernardini, due grandi amici, ma che scontri, che caratteri: litigano e non si parlano per giorni poi si ritrovano a far la pace davanti ad un piatto di risotto allo champagne nella cucina di Carletto Pirovano alla Bussola.
Aldo racconta i personaggi di quelle notti ma soprattutto è interessato alla musica di quelle notti che vede luccicare ma anche spegnersi il mutare dei tempi e persino della situazione politica. Il ruggito della Versilia è già segnato ma di certo viene fermato da una pallottola esplosa una notte di Capodanno nel 1968 con un ragazzo ferito, paralizzato. Una tragedia, la resa dei conti. I ricchi smettono di ruggire e di farsi vedere e si rinchiudono nelle ville condannando a morte quei locali, come la Bussola, che pur avendo pochi posti possono ingaggiare grandi artisti perché ai tavoli si spendono cifre folli. Non per nulla Bernardini cambia rotta: ecco, è il 1977, il teatro tenda, lo spettacolo di massa. Accanto a lui chiama ancora Valleroni.
Il suo secondo matrimonio è con la viareggina Minnie Filiè che gli da due figlie Uliana e Vera. Con la collaborazione della seconda moglie titolare di una libreria specializzata su Viareggio e Versilia nei primi anni ‘80 riapre il giornale locale “Il Libeccio” che si stampava a Viareggio nei primi del ‘900. Ci aveva già provato Giancarlo Fusco nei mitici anni ’60 con incerta fortuna. Aldo è il direttore responsabile. All’inizio il giornale è quindicinale, la redazione in casa sua in via Argentina a Lido di Camaiore, un successo tanto che diventa settimanale. Ma l’esperienza finisce dopo la cessione a Pozzo ed i rinnovati locali di Galleria d’Azeglio nel 1987.
Nel 1987 con Fabrizio Diolaiuti e Dimitri Brandi suoi giovani collaboratori mette su la Dba Corporation per lanciare un nuovo festival di canzoni italiane durato fino al 1999.
Nel 1988 è sulla breccia come giornalista televisivo a Reteversilia dove conduce due rubriche di successo, “Carte in tavola” e “Vediamoci chiaro” trasmesse spesso fuori dalla sede tv. Organizza trasmissioni e dibattiti da vari locali, e a Teleriviera, tra i primi a capire l’importanza del mezzo televisivo in scala locale e a mettersi a tu per tu con il pubblico fino al 1993.
Nel 1991 rimane vedovo e si unisce in matrimonio con la terza moglie Marina Poggesi. Ben presto si trasferisce da lei a Firenze.
Nel maggio 1993 ottiene il prestigioso Premio Internazionale “Le Muse” di Firenze con il relativo titolo di Accademico assegnato tra gli altri a De Filippo e a De Sica, alla Bergam e la Loren, a Del Monaco e a Bocelli, a Spadolini ed Andreotti, a Montanelli, Tagliavini, Bargellini, Cecchi Gori e alla Callas. Con lui premiati anche Albertazzi, Faletti, Girolami e Julia.
Poi la malattia. Per il suo ottantesimo compleanno sabato 15 aprile 2000 viene festeggiato a Massarosa dall’assessorato alla cultura che organizza in onore di uno dei suoi figli prediletti una manifestazione arricchita dalla presenza di numerosi ospiti di spicco. Nella sala Don Bosco in piazza della Chiesa Aldo riceve dalle mani del Sindaco Fabrizio Larini una medaglia celebrativa del comune massarosese e il “Premio Pegaso” alla carriera assegnato dal settimanale “Tascabile Tv” a un personaggio in possesso di particolari meriti e requisiti a livello nazionale. La cerimonia inizia alle ore 16 con il saluto ai presenti del sindaco e dell’assessore alla cultura Renata Tronci, poi una nutrita serie di testimonianze sulla variegata sua attività, la proiezione di un filmato della regista Claire Soullier che si è ispirata alle opere di Valleroni proprio per fornire una sua versione cinematografica della zona versiliese e delle sue meravigliose peculiarità, poi una pausa musicale di dieci canzoni “valleroniane” orchestrate e dirette da Gualtiero Lami ed eseguite dall’orchestra “Masnada”, tutto condotto da Fabrizio Diolaiuti. Applausi ed emozioni. Aldo vive intensamente la festa in suo onore. Davanti ai suoi concittadini e ai tanti ospiti venuti da lontano appare provato ma ancora con tanta voglia di combattere. Grinta e caparbietà hanno del resto caratterizzato la sua esistenza. Come ultima testimonianza di quella festa e della vita di Valleroni rimangono le lacrime agli occhi e la commozione, il racconto di Antonio Veneruso, il discografico napoletano che davanti ad una platea attentissima parla dello straordinario rapporto tra Aldo e la musica napoletana per la quale ha scritto tante canzoni vincitrici di festival. Esattamente come è successo per il Carnevale. Un tuffo nella commozione che ha il suo epilogo con una cena in un noto locale cui partecipa Edoardo Vianello che stempera il clima con le sue musiche che riportano gli invitati a quella Versilia ruggente. Come ruggente è Aldo.
Poi le complicazioni al cuore. E’ malato da tempo ma lotta con grande volontà contro un tragico destino.
Muore serenamente alle 15.30 all’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze il 24 maggio 2000 quasi in silenzio in un pomeriggio che annuncia l’estate, quell’estate di cui è stato mattatore. L’Italia piange un personaggio autentico come quelli che ha scritto nei suoi libri e che ha raccontato nelle sue canzoni: un inno alla terra amata e alla gioia di vivere. Il cantore di un epoca che non vivremo più esce di scena. Valleroni con le sue canzoni, i suoi reportage, i suoi scritti è stato l’ambasciatore di questa terra così affascinante. Una di quelle persone che si sono fatte veramente da sole. Ha forgiato intere generazioni di giornalisti, trascinando tutti con quella voglia di vivere che è contagiosa.
I funerali il 26 al cimitero delle Porte Sante a Firenze. La sua scomparsa lascia un grande vuoto in tutti. Con lui se ne va l’ultimo frammento rimasto degli anni ruggenti della nostra riviera.
Aldo Valleroni ed io
Ho conosciuto Aldo nei primi anni ’70 quando bazzicavo la redazione del giornale “Il Viareggio” un quindicinale sportivo redatto dal Viareggio Club che annoverava firme prestigiose del giornalismo italiano: Nando Martellini, Maurizio Barendson, Paolo Valenti e naturalmente lui, Aldo Valleroni. Il mio primo pezzo lo devo a lui. Nasce di lì il mio connubio con il giornalista, lo scrittore, il musicista, il compositore, l’ autore di riviste e commedie, di colonne musicali per film, con all’attivo volumi di racconti, di saggi, diversi romanzi, trattati di jazz, per oltre 45 anni sulla breccia, innamorato della tastiera della macchina da scrivere e di quella del pianoforte.
L’ho avuto accanto per anni in tribuna stampa quando commentavo con le prime emittenti libere: Radio Mare, Tele Toscana Nord le cronache della partita di calcio del Viareggio. Immancabile, sorridente, scherzoso. Cantore e protagonista: un po’ come giornalista, un po’ come scrittore un po’ appunto come musicista. Un po’ bugiardo e cinico come tutti i giornalisti, un po’ sognatore e romantico come tutti (o tanti) gli scrittori e i musicisti. Due occhi di brace da cui uscivano scintille di intelligenza e furbizia, una grande capacità di saper scegliere sempre quello che piaceva alla gente stando ai passi con i tempi e tre grandi amori: la vita, il mestieraccio di cronista e la musica.
L’ho ritrovato come Direttore a “Il Giornale della Versilia” prima e a “Il Libeccio” dopo quando mi volle come segretario di redazione. Aldo Valleroni, con i capelli bianchi aveva sempre voglia di scherzare e una vitalità che trasmetteva ogni giorno con un’occhiata, un sorriso furbetto, una pacca sulle spalle. Poi si sedeva dietro la sua scrivania lasciando la porta aperta “ai ragazzi della redazione”, ai “suoi ragazzi”, e faceva cantare la sua macchina da scrivere (un’Olivetti lettera 32). Era un fulmine. Era un fiume in piena che faceva scorrere sulla carta le parole con grande agilità mentale, a dispetto della sua età. E faceva spesso centro. Lui, che non perdeva mai occasione per sottolineare con orgoglio che era un uomo della Versilia sapeva imbastire polemiche e suscitare dibattiti. E’ stato un critico musicale e un musicista di valore, un ottimo scrittore e un maestro per tanti giornalisti.
L’ho vissuto con una amicizia sincera nella sua famiglia: Minni la moglie, Uliana e Vera le figlie, quando ho distribuito i suoi libri.
Aldo oggi è da ricordare come autore di colonne sonore ma soprattutto come scrittore. I suoi ultimi volumi sono documenti ritenuti di massima importanza: “I ragazzi del piazzale” è stato tradotto in inglese e francese e ristampato in edizione speciale per le scuole medie italiane; il best- seller “Versilia anni ruggenti” dopo il grande e continuato successo è giunto alla ottava edizione; il divertente volume “Buon appetito Versilia” (terza edizione) dove racconta inediti sulle grandi famiglie della ristorazione versiliese; il notevole libro su Giacomo Puccini intitolato “Puccini minimo” giudicato “eccezionale testimonianza” e ceduto in diverse nazioni; e poi il romanzo “L’ipotenusa”; i volumi di poesie “Il giro del corso” e “Carosello massarosese”; un volume sul musicista Giuseppe Pardini “Balissi”; uno studio sul pittore Tono D’Arliano; il libro sulle canzoni del Carnevale “Quando la musica è magia”; quello sulla storia del Viareggio Calcio “Una storia a strisce bianconere”; “I melogrami della signora Elvira”. Di Aldo restano gli inediti: “Versilia, peccati e peccatori” cronache vissute, il suo testamento edito postumo dalla moglie Marina Poggesi nel 2001, un secondo libro di racconti e le sue 470 canzoni.
Al di là delle parole ufficiali, solite e stanche mi confortano le sue:“E’ un nulla la vita; è un vecchio discorso…”. (Ruggero Righini).