Paolo Pillitteri

Paolo Pillitteri

DALLA POLITICA ATTIVA AL GIORNALISMO

di Massimo Emanuelli

paolo pillitteri andy warhol renato masssari

PAOLO PILLITTERI CON ANDY WARHOL E L’ONOREVOLE RENATO MASSARI

Sindaco di Milano, consigliere regionale, parlamentare, e tanti altri incarichi politici, ma Paolo Pillitteri nasce giornalista , regista, critico cinematografico Della politica non gli importava nulla, poi la casualità l’ha portato li  Lasciata l’attività politica ha ripreso a fare il giornalista, conduce programmi su “piccole” emittenti ed è spesso ospite come opinionista.

paolo pillitteri libroPaolo Pillitteri nasce a Sesto Calende, in provincia di Varese, il 5/12/1940, nacqui per caso a Sesto Calende – ricorda Pillitteri – a causa del momentaneo trasferimento di mio padre, Maresciallo dei Carabinieri, monarchico, ma attivo nella Resistenza. Mia madre Zelia era valtellinese.” Il giovane Paolo studia dai Salesiani di Sondrio: “la prima volta che ho visto Milano è stato nel 1946, mi ero da poco trasferito con la mia famiglia dalla Valtellina, eravamo sfollati a Porta Vittoria. Mio padre mi portò in bicicletta a visitare la città. Mi colpirono profondamente le case squarciate dalla bombe. Non riuscivo proprio a riconoscere fra quelle macerie la Milano dei racconti di mio padre, e quando vidi la Galleria distrutta scoppiai a piangere: come se un sogno inseguito da anni fosse andato perduto per sempre. Mio padre mi disse: “stai tranquillo, molto presto tutto sarà ricostruito”. E così fu. Per Milano è ancora questo: una grande capacità di non arrendersi mai, di adattarsi al nuovo, la volontà di adattarsi e di cambiare.”

Arrivato a Milano frequenta il liceo Berchet di Milano, qui conosce Rosilde Craxi, sorella del futuro segretario nazionale del Psi, Bettino, con la quale convolerà a nozze. Pillitteri è uno dei giovani che scarpinano per settanta chilometri in Inghilterra in una delle marce per la pace promosse da Bertrand Russel: “la prima di queste marce era spontanea, mi ricordo che c’era anche Guido Piovene, solo successivamente, quando iniziarono a comparire le bandiere di partito, non vi partecipai più”

Laureatosi in lettere antiche all’Università Statale di Milano, fin dagli anni universitari si manifesta la sua passione per il cinema.  E’ Presidente del Cucmi (Centro Universitario Cinematografico Milanese). Ultimati gli studi Pillitteri inizia la sua attività di giornalista e critico cinematografico (collabora con L’Avanti!, Mondoperaio e Critica Sociale), e quella politica. Si iscrive al Psi, nelle cui fila è eletto consigliere comunale a Garbagnate Milanese, comune di cui sarà assessore all’urbanistica.  Quindi è Presidente della XV Triennale di Milano. Nel 1963, in occasione della campagna elettorale è il regista di Milano o cara, cortometraggio di 30 minuti sceneggiato da Carlo Tognoli, Bettino Craxi e Carlo Baccalini. Il filmato parteciperà alla Mostra Cinematografica di Venezia del 1963, si apre nella migliore tradizione del documento sociale: alla stazione Centrale arrivano i lavoratori del sud. Lo speaker (il critico di Cinema Nuovo, Lorenzo Pellizzari) dice: “vengono da una miseria antica. Li muove una speranza che si trasforma spesso in un’illusione. Non ci sarà un’Italia moderna senza un Mezzogiorno moderno…” Immagini di immigrati, sperduti nella metropoli, caseggiati popolari, cantieri, fango grigio… “Il cammino della speranza è lungo…” prosegue la voce dello speaker. La prima parte del filmato è aperta da cinque minuti in cui appare il simbolo del Psi, poi, dopo una quindicina di minuti dedicati agli immigrati, la seconda ed ultima parte, dedicata Pietro Nenni, quasi una tribuna elettorale televisiva del tipo di quelle iniziate nel 1960. Il “cammino della speranza” deriva dal titolo di un film di Pietro Germi, amico di Pillitteri, “il regista maledetto” che avrà poca fortuna da parte di critica e di pubblico, ma che rimane un grande della nostra cinematografia, Germi morirà prematuramente nel 1974, fra i pochi a riconoscere i suoi indiscussi meriti vi è proprio Paolo Pillitteri.

paolo pillitteriNel 1966 Pillitteri con tutti i suoi colleghi socialdemocratici confluisce nel Psu (partito socialista e partito socialdemocratici unificati), ma nel 1969, allorquando i due partiti si dividono nuovamente, passa coi socialdemocratici, a differenza del cognato Bettino, che resta col Psi.  Nel 1970 Pillitteri viene eletto consigliere comunale a Milano, Aldo Aniasi sarà un eccellente e dinamico assessore alle imposte di consumo, istruzione ed iniziative culturali, turismo, parchi e giardini. Soprattutto come assessore alla cultura il dinamico e intraprendente Pillitteri si fa notare: sarà sua l’idea di impacchettare statue e monumenti, è attivo nel rivitalizzare i circoli culturali milanesi.   Nel 1973 si ha un rimpasto e Pillitteri viene nominato assessore all’edilizia e all’arredo urbano.

Due figli: Stefano (futuro consigliere comunale di Milano e assessore nelle fila di Forza Italia) e Maria Vittoria, tifoso dell’Inter, console onorario della Somalia, Pillitteri frequenta ed è amico di attori e registi come Walter Chiari, Federico Fellini, Gino Bramieri, Ugo Tognazzi ed Ernesto Calindri.

Rieletto consigliere comunale nel 1975 Pillitteri lascia il Psdi e da vita al Muis (Movimento Unitario Iniziativa Socialista) che confluirà poi nel Psi, è assessore, sempre con Aniasi sindaco, all’urbanistica e al piano regolatore, nel 1978, sindaco è diventato nel frattempo Carlo Tognoli, ha delega anche alla ragioneria, bilancio, programmazione, controlli economici sull’attività dell’amministrazione comunale, aziende municipalizzate a partecipazione comunale e servizi statistici.

Docente di storia del cinema e dello spettacolo all’Istituto Universitario Lingue Moderne (IULM) di Milano, Pillitteri ha al suo attivo un’intensa attività di scrittore, è editore della SugarCo, e autore di parecchi libri: Europa socialista, Somalia ’81, Nero su bianco, Meglio rossi che morti. 

Patito dello sci, della moto, della bresaola, di Tex, e della Valtellina, ha predilizioni musicali per Mozart, Verdi e Chopin, e, per quanto riguarda la musica leggera, Fabio Concato, Enrico Ruggeri e Paul Simon.

Nel 1980 Pillitteri diventa segretario regionale del Psi lombardo e responsabile nazionale della cultura del Psi, viene eletto consigliere della Regione Lombardia, carica che manterrà fino al 1983 allorquando verrà eletto deputato.  Deputato dal 1983 al 1987, nel 1985 rientrerà a Palazzo Marino.

Attivo come scrittore anche negli anni ’80 fra i suoi libri del periodo ricordiamo: Anna Kuliscioff: una biografia politica, Edmondo De Amicis un uomo per il socialismo, saggi sul cinema e sulla tv, Cinema come politica: una commedia all’italiana

Nel 1983 Pillitteri è responsabile nazionale per la cultura per il Psi, fra i protagonisti della battaglia sul riassetto delle televisioni. Fu allora che cominciò la gestazione della legge Mammì, che sarebbe diventata norma nel 1990 assegnando definitivamente un ruolo nazionale alle tre reti berlusconiane. “Fu una bella guerra, mica da ridere. Soltanto che eravamo un po’ meno ipocriti di quelli di oggi che si azzuffano sulla Gasparri e sulla libertà, e tutte quelle cose li. Noi ce lo dicevamo in faccia: taci tu che sei della banda di Cologno Monzese, senti chi parla, tu che sei della banda di Viale Mazzini, e quell’altro poi, il soldatino di Ivrea…  C’era una sfida di lobby, proprio come adesso, però alla luce del sole. Certo, quando ci penso mi vien da ridere. A favore della Mammì eravamo noi socialisti e buona parte della Dc, contrari la sinistra Dc e il Pci.  Come adesso, uguale, uguale. Non è cambiato niente. Anzi no, adesso si battono per la libertà”.  E ridacchia. Pillitteri ricorda quando la Mammì stentò a nascere, si arenò: (“anche dentro il Psi c’era una corrente legata alla Rai che faceva resistenza”), ricorda pure che Bettino Craxi cominciò ad avere qualche dubbio: “non mi spiegò mai perché tentennasse, ma credo avesse avuto qualche scazzo con Berlusconi”. Ricorda un pranzo con Fedele Confalonieri paolo pillitteri 2al Biffi Scala di Milano (“lui voleva capire meglio, mi convinse che non si poteva tentennare troppo a lungo, io ne parlai con Craxi e finalmente Bettino si persuase, non so quanto io sia stato decisivo, ma disse che era inutile avere dei ripensamenti”). Pillitteri rievoca l’episodio del 1984, quando i Pretori oscurano le reti di Cologno: “Bettino era in visita alla regina d’Inghilterra, ospite della Tatcher. A Roma erano tutti gattini ciechi: che cosa facciamo? Che cosa non facciamo?  C’era Mastella, mi sembra nella Commissione di Vigilanza, era già simpatico, demitiano, diceva che no, guai, non si calpestano le sentenze. Allora vado da Amato, che era sottosegretario alla presidenza, e anche lui, ma qui, ma la, non si può fare il decreto, la sovranità del Parlamento….  Vado dal vice-premier Forlani e lui dice che bisogna avere pazienza, aspettare… Torno da Amato e gli dico di chiamare Craxi. Lui dice che è dalla regina, come si fa, magari si incazza.  Finalmente lo convinco, Amato chiama, gli spiega, poi lo sento:  “Certo Presidente!… Sicuramente Presidente!… Senza dubbio Presidente!…” e mette giù. Gli dico: “che ha detto?”, e lui: “ma che bisogna fare un decreto, no?”. E così riaccese le emittenti di Berlusconi. Fantastico, non è cambiato niente, tutto come prima. Solo che noi eravamo più seri. Questi qui, invece hanno molto a cuore la libertà”.

Nel dicembre 1986 Pillitteri sarà eletto sindaco di Milano, fra le molte qualità di Paolo Pillitteri vi sono quelle dell’allegria, dell’ironia e dell’autoironia, intervistato da Carlo Rossella per Panorama dice: “Milano ha bisogno di una migliore qualità della vita, io voglio far sorridere la capitale morale d’Italia”. Pochi giorni prima della sua elezione alla massima carica cittadina ai giornalisti che ironizzano sulla sua parentela con Bettino Craxi e che fanno paragoni con Ciano, lo stesso Pillitteri (anch’egli giornalista) replica con ironia che per firmare i propri scritti invece di usare la sigla craxiana Gdt (Ghino di Tacco) userà quella di CdC (cognato di Craxi).

La Milano di Pillitteri è quella dei grandi progetti, della “linea 3 della metropolitana che avanza”, della moda, del terziario. La “Milano da bere” come recitava un bellissimo slogan della Ramazzotti, poi usato dai comunisti con fare dispregiativo. “Eppure – mi dice Paolo – quella Milano viene oggi rimpianta. Riconfermato sindaco alla elezioni amministrative del 1990 si dimette alla fine del 1991, nel 1992 sarà eletto deputato, resterà in carica fino al 1994.  Gli anni dopo il 1992 sono indubbiamente i più difficili per Paolo e i socialisti, così Paolo Pillitteri rievoca gli anni del terrore giudiziario: “all’improvviso a Milano e in Italia divennero tutti grandi moralisti. I comunisti, poi, quelli che avevano governato insieme a noi e condiviso tutto, si misero a fare fiaccolate attorno a Palazzo di Giustizia. Già, i girotondi furono inventati allora. Qualcuno di loro fu arrestato, ma per poco. I designati erano altri. Noi. La fine di Cagliari e di Gardini fu una vergogna indelebile. Nella città dove è vissuto Cesare Beccaria, dove ha scritto Dei delitti e delle pene. Allora Milano era una città reazionaria, nessuno andò al suo funerale, fu gettato in una fossa comune. Solo cent’anni dopo gli fecero un monumento….  L’Italia degli anni ’80 era arrivata ad essere la quinta potenza mondiale, Milano ebbe anche la copertina del Times, lo slogan Milano da bere, creato dal mio amico Marco Mignani per la Ramazzotti finì sulle copertine dei giornali di tutto il mondo. Poi vennero gli anni del terrore, del giustizialismo, dei cappi e lo slogan Milano da bere assunse una valenza negativa. Oggi in tanti rimpiangono la Milano degli anni ’80. Pensa che anche giornalisti che mi trattarono malissimo, come Gianpaolo Pansa e Vittorio Feltri mi hanno chiesto scusa ed oggi addirittura tessono le mie lodi con eccesso defininendomi uno dei migliori sindaci della storia di Milano. …   Noi socialisti abbiamo fatto errori, ma abbiamo pagato molto di più dei nostri sbagli, solo la storia potrà valutare con obiettività quegli anni…”

Mentre chiacchiero con Paolo siamo su un taxi, ad un certo punto il taxista si blocca, guarda Paolo e dice: “lei è Pillitteri?”. Io penso: “ci risiamo ora riprende ad attaccarlo…” e invece il taxista dice: “guardi quando lei era sindaco mi arrabbiavo con lei, però mi creda la abbraccerei ora, i sindaci che sono venuti dopo di lei sono molto molto peggio….”

paolo pillitteri l'opinione delle libertàSul finire degli anni ’90 Paolo Pillitteri, passati i momenti difficili, riprende a fare il giornalista, collabora con il quotidiano L’Opinione delle Libertà come critico cinematografico, critico televisivo ed editorialista, nel gennaio 1999 diventa condirettore dello stesso L’Opinione delle Libertà. Paolo avrebbe potuto, come hanno fatto quasi tutti i socialisti (se così li si può definire), riciclarsi a destra o a sinistra, e invece lui ha ripreso a fare il giornalista, critico cinematografico, critico televisivo, commentatore politico, con molta ironia prende in giro destra e sinistra.      Paolo Pillitteri è tornato al cinema, alla stesura dei libri, ai suoi antichi amori. Fra le sue pubblicazioni più recenti: La baracca di Fellini (e strane visioni in Valtellina), Io li conoscevo bene, Il cinema fra fiction e falsità, Evito dos Pesos y dos misuras (satira sulla falsa rivoluzione di Mani Pulite, da cui vuole trarre un musical), e Il conformista indifferente. Il delitto Rosselli, e i recenti UNA VALLE LUNGA UN ANNO (libro che racconta la vita del padre, partigiano monarchico) e L’ESTATE DEL NOSTRO SCONTENTO editi dalla Greco & Greco Editori di Milano.

 “Il mio sogno – ha ricordato Paolo in un incontro con me ed Enzo De Mitri – era proprio quello di fare il critico televisivo a IL GIORNO o LA NOTTE”.   Oggi Paolo fa finalmente quello che avrebbe voluto fare in gioventù. Condirettore della storica testata L’Opinione delle Libertà, responsabile della redazione milanese, riprende ad occuparsi di cinema e di televisione. “Il giornale – dice con soddisfazione ed orgoglio – lo faccio con un gruppo di giovani agguerriti”.

Sempre nel muovo millennio Paolo arriva in televisione, non più come politico (“già dato, largo ai giovani” è il suo motto), ma come conduttore di talk-show politici:  CAVALIERE CI CONSENTA, condotto con Arturo Diaconale su Odeon, CUCINE ECONOMICHE in onda su Antenna 3 Lombardia e su Radio Lombardia, nonché PORTO FRANCO – LA TELEVENDITA DELLA POLITICA, in onda su Odeon. Pungolato da Roberto Vallini, Pillitteri commenta ed ironizza sugli avvenimenti che hanno caratterizzato la settimana. Partendo dall’ormai quotidiana spettacolarizzazione della politica la “trasforma” in una televendita, ambientata in una sorta di bazar dove segretari di partito,deputati e ministri vengono “venduti” al pubblico sotto forma di bottiglie di vino, chincaglierie, elettrodomestici ed altro.

olycom - sacchi -Paolo inoltre è una sorta di “guru della politica”, presente nei salotti di Adriana Santacroce, David Parenzo e di tutti i talk-show delle tv locali lombarde.  Come l’altro mio maestro Gigi Vesigna, che si diverte ad indovinare chi vince il Festival di Sanremo, indovinando sempre, così Paolo pare divertirsi ad indovinare chi fa il sindaco di Milano, il Presidente della Provincia, il Presidente della Regione. Commentatore sull’Opinione e sulle tv locali dei fatti politici, con l’ironia che gli è proverbiale, indubbiamente meglio dei sondaggisti, le sue previsioni si avverano sempre.
Rimpianti per la politica?  No, assolutamente.   Alla domanda mia, e di altri giornalisti, in merito alla spettacolarizzazione della politica attuale, dei salotti, del presenzialismo degli attuali uomini politici, una volta Paolo è uscito con una battuta veritiera, che dice tutto sull’attuale classe politica: “vedi, una volta noi socialisti eravamo accusati di fare la politica-spettacolo, beh quelli che ci sono oggi fanno solo spettacolo…”

Sulla vicenda è intervenuto recentemente anche Rino Formica, colui che creò la battuta della famosa “assemblea di nani e ballerine” riferendosi all’assemblea nazionale del Psi.  In quell’assemblea c’erano Vittorio Gassmann, Nicola Trussardi, Federico Fellini, Sandra Milo, Ornella Vanoni, Umberto Veronesi, Francesco Alberoni, Silvio Berlusconi, Renato Brunetta, Marina Ripa di Meana e tante altre insigni personalità,  se pensiamo alla lottizzazione attuale di della Rai mi tremano le vene ai polsi….

“Quell’assemblea era un organo consultivo di patito, non aveva alcun potere, altro che nani e ballerine, c’era il gotha della cultura e dello spettacolo dell’Italia e della Milano di allora, i nani e le ballerine sono poi finiti in Parlamento….   La lottizzazione della Rai? Luca Barbareschi ha dichiarato che in Rai oggi finiscono comunisti e mignotte del Pdl.  Noi socialisti scoprimmo Sergio Zavoli, Claudio Martelli scoprì Giovanni Minoli ed Enrico Mentana, io feci qualche piccola scoperta con due giovani giornalisti che feci collaborare con L’Avanti!, non per ragioni politiche, tanto è vero che erano spesso critici con noi socialisti: uno è Filippo Facci, l’altro dovresti conoscerlo bene: sei tu Emanuelli. 

 

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Ascolta il podcast con l’intervista audio a Paolo Pillitteri ricordo di Federico Fellini

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